20 - Giu - 2020
XII Domenica T.O.(A)
(Ger 20,10-13 Sal 68 Rm 5,12-15 Mt 10,26-33)
Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa
La seconda lettura di questa domenica ci presenta un brano (fra i più complessi da interpretare) della lettera ai Romani, nella quale Paolo ci parla di due inizi, simboleggiati da due uomini: Adamo e Cristo. Adamo è (simbolicamente) l’inizio dell’umanità e anche della rottura del rapporto con Dio che ci fa sperimentare la morte, Cristo invece è (realmente) l’inizio di una umanità nuova, liberata dal potere del peccato e della morte, perché in Cristo la potenza vivificante di Dio si è mostrata in tutto il suo vigore.
Ora, proprio la certezza del potere che Dio ha sulla morte e sul male, come anche sull’ingiustizia e l’oppressione (perché a tutto questo Gesù è stato sottoposto risultando vincitore), ci infondono fortezza e speranza nel momento in cui sentissimo che la nostra vita viene minacciata. Il profeta Geremia esprimeva questa speranza, nel momento in cui i suoi nemici si radunavano sperando di trarlo in inganno di prendersi la vendetta su di lui, affermando di avere a fianco il Signore come un prode valoroso, come se una guardia del corpo forte e addestrata girasse con noi per le strade di notte: non ci sentiremmo certo come se dovessimo girare da soli per quartieri malfamati, scrutando ogni ombra e sobbalzando ad ogni rumore. Il profeta, consapevole di questa presenza, affida a Dio la sua causa, certo che il giusto non verrà abbandonato. E quello che accade quando si affida a Dio la propria vita in pericolo viene cantato nel salmo: sono diventato un estraneo ai miei fratelli perché mi divora lo zelo per la tua casa, ma io mi rivolgo a te, tu volgiti a me nella tua grande tenerezza. Chi cerca Dio si fa coraggio perché sa che il Signore ascolta i miseri e non disprezza i suoi che sono prigionieri.
Sulla stessa linea sta quanto affermato da Gesù in questo brano di Matteo, che appartiene al grande discorso missionario (il secondo del primo Vangelo). Gesù insiste più volte sul fatto che non dobbiamo avere paura.
Non dobbiamo avere paura, perché ciò che è nascosto (magari le opere malvagie degli uomini e le loro intenzioni meschine) verrà alla luce, come verranno alla luce quali sono le opere della giustizia e chi le compie (avere questa speranza vuol dire però essere certi che Dio può sconfiggere le forze del male che minacciano il mondo e noi, anche se queste riescono a vincere non poche battaglie).
Non dobbiamo avere paura perché chi ci fa del male, anche potesse ucciderci, non ha il potere di toglierci la vita se rimaniamo in Dio (perché la vita vera non coincide con la morte del corpo: si può perdere la vita anche senza morire e si entra nella pienezza della vita proprio morendo).
Non dobbiamo avere paura, infine, perché agli occhi di Dio noi valiamo molto e lui non smette di custodirci e di condurci alla vita.
A volte la strada si fa difficile: odio, persecuzione, minacce fisiche, violenze, diffamazione o semplicemente l’isolamento e la derisione ci fanno sentire che vengono minate le fondamenta della nostra vita, che non abbiamo il potere né le capacità di difenderci, che siamo perduti. In questi momenti bisogna solo rimanere fermi nella certezza che il Signore libera il povero dalla morte e che conta ogni capello del nostro capo con un amore tenero che guarda con incanto e cura persino ciò che in noi continuamente si rinnova, come i capelli sulla testa o le unghie delle dita.
Questa certezza del suo amore, resa evidente da come affrontiamo le avversità e i pericoli, è la nostra testimonianza più efficace. Non confidare nelle logiche degli oppressori, nella manipolazione, negli espedienti, nei favori, nel potere e nel denaro, pur di difendersi e affermarsi, ma confidare in Dio preferendo rimanere nella verità e nella giustizia, costi quello che costi, perché così lui non ci rinnegherà e questa è tutta la nostra forza, quello che ci fa vivere veramente. La paura che non dobbiamo avere, infatti, non è l’emozione che sorge in noi davanti al pericolo (questa è incontrollabile e fisiologica), ma quella paura che ci porta a cercare strategie di difesa altrove smettendo di confidare in Dio, come se su di lui non si potesse contare, e smettendo di vivere secondo la sua Parola, come se non portasse da nessuna parte. Invece proprio il nostro modo di stare di fronte a chi pensa di farci del male o di toglierci la vita, senza rinnegare Dio e la sua Parola, diventa testimonianza efficace nell’amore potente di lui e rende credibile al mondo il Vangelo che ci ha fatto rinascere in Cristo, facendoci pregustare la sua vittoria su ogni morte e ogni pericolo.