XXVI Domenica T.O. (A)

Home » XXVI Domenica T.O. (A)
25 - Set - 2020
Spirito Santo M.I.Rupnik

Spirito Santo M.I.Rupnik

XXVI Domenica T.O. (A)

(Ez 18,25-28   Sal 24   Fil 2,1-11   Mt 21,28-32)

Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa

Quando Dio guarda i suoi figli e le sue figlie, quando guarda ciascuno di noi, non emette mai un giudizio, né ci dà un’etichetta che ci classifichi. Quando Dio ci guarda vede il nostro cammino, vede i nostri slanci, le nostre cadute, il bene che abbiamo saputo fare, i tradimenti. Quando ci guarda Dio vede la trama della nostra storia e non dà per scontato il finale, anche quando noi non siamo nemmeno capaci di pensare che possiamo cambiare o aprici al nuovo. Così (rileggendo la prima lettura del profeta Ezechiele) Dio spera che il malvagio si converta trovando la via che lo fa vivere e quando vede che il giusto invece se ne allontana, comincia a sperare che si ravveda, indicandogli (come canta il salmo) la via giusta: continuamente, insistentemente, senza stancarsi.

Nel Vangelo questo modo di essere di Dio ci viene dipinto nell’immagine del Padre che dice ai figli di lavorare nella propria vigna (richiamandoci la parabola di domenica scorsa). Un figlio dice di no al padre, ma poi si pente e va. L’altro invece dice di sì, ma poi non va a lavorare. Ogni genitore ha fatto questa esperienza, sentendo il cuore allargarsi quando trova il proprio figlio o la propria figlia a fare ciò che prima si era rifiutato di accogliere. A volte lo fanno quando ci sembrava di non crederci più, ma poi quando li vediamo compiere il bene ci accorgiamo che in fondo l’avevamo sperato, perché sappiamo che i nostri figli hanno la capacità di scegliere il bene. Così dobbiamo immaginare il cuore di Dio, colmo di compiacimento per quelli che ama quando si pentono di averlo rifiutato. Sembra di sentirlo mormorare sollevato: lo sapevo…discreto e felice come un genitore che piano si allontana dalla porta, dopo aver visto il proprio figlio immerso nel compito che aveva detto non avrebbe fatto. Dio crede in noi. Sempre. E spera sempre che il nostro no diventi sì.  Anche il rimprovero duro di Gesù ai sacerdoti e agli anziani dice tutta la speranza del Padre: li scuote perché si accorgano che non stanno lavorando nella sua vigna e nel fare questo aspetta che il no diventi un sì.
Egli vuole infatti (e qui merita di essere letta e meditata con cura la seconda lettura che ci comincia a proporre la lettera ai Filippesi) che abbiamo gli stessi sentimenti di Cristo, che non si è mai rifiutato di lavorare nella vigna del Padre (così potremmo rileggere la sua obbedienza senza limiti fino alla morte di croce), non preoccupandosi del proprio interesse o di voler primeggiare, quanto invece di amare e di chinarsi sull’altro. Lavorare nella vigna del Padre, infatti, altro non è che assumere la postura di Cristo, che si fa più piccolo dei suoi fratelli e delle sue sorelle per poterli servire in modo che essi possano vivere. Per questo Dio lo ha esaltato, perché il suo sì è stato tale da condurre alla vita chiunque lo voglia. A lui possiamo guardare e lui possiamo seguire, per essere figli e figlie capaci di lavorare nella vigna del Padre. E se il suo sì è stato pieno e senza cedimenti al contrario del nostro così inaffidabile e stentato, il suo amore e il suo mettersi al nostro servizio ci mostrano ciò che il Padre vede e cioè che nessuna storia è già decisa, nessun no è definitivo, nessun cammino impedisce di fare il prossimo passo in un’altra direzione. Il Padre lo sa, lo spera e ci attende. “Fammi conoscere Signore le tue vie, insegnami i tuoi sentieri”.
Categories: 2020