V Domenica di Pasqua
Anno C
(At 14,21-27 Sal 144 Ap 21,1-5 Gv 13,31-35)
Domenica 15 Maggio 2022
Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa
Il libro dell’Apocalisse ci racconta una visione. Oggi è frequente dire delle aziende o delle organizzazioni che hanno una vision, hanno cioè ben chiaro che cosa vogliono essere e quale risultato vogliono portare nella realtà, poi, in base a questa vision, ogni azienda e ogni organizzazione struttura la propria mission, il proprio operare cioè in vista dei risultati. Non si danno però né risultati né azione senza visione, senza saper vedere quello che ancora non c’è, senza sapere chi si vuole diventare o chi si è chiamati a diventare.
L’Apocalisse ci racconta una visione, quella che riguarda la chiesa. In questo breve passaggio che è praticamente alla fine del racconto si contempla il rinnovamento di tutte le cose, un ordine nuovo del mondo (cielo e terra diversi e niente più mare) e Dio che dimora con gli esseri umani. In questo quadro la chiesa è descritta come quella città, cioè quel luogo ospitale e variegato dove si può vivere insieme, nella quale Dio abita. La chiesa è quel noi, entrando nel quale (come oltrepassando le mura spesse delle nostre città antiche), si può stare con Dio, lasciarsi asciugare le lacrime, dimenticare il lutto e l’affanno, relegare anche la morte fra le cose di ieri. La visione ci dice che la chiesa è il luogo della vita e della consolazione, perché rende presente Dio stesso.
Tutto questo accade per la logica semplicissima ed essenziale che i pochi versetti del Vangelo ci annunciano di nuovo: dall’amore che i credenti hanno gli uni per gli altri, tutti sapranno che sono discepoli di Cristo e così questo amore, la cura concreta, ovvia e banale di ogni giorno, diventerà lo spazio accogliente nel quale la gloria di Dio sarà evidente e il noi di quelli che si amano comincerà a rinnovare la terra sulla quale vedremo svanire persino la morte.
La visione ci dice che la chiesa non è innanzitutto un’istituzione con una storia gloriosa, personaggi importanti, beni e potere, regole, sacralità, curiose usanze di qualche secolo fa. La visione ci dice che la chiesa è uno spazio di relazioni umane nel quale lo Spirito viene assecondato al punto che l’amore reciproco diventa capace di convincere della bellezza del Vangelo anche altri, che così a loro volta possono dimenticare affanni e lutto. Questa era la visione di Paolo e Barnaba (prima lettura) che tornano ad Antiochia a raccontare come lo Spirito li abbia accompagnati nella missione fino al fatto del tutto imprevisto della conversione dei pagani. Non tornano ad Antiochia per vantarsi, per affermare il loro successo o per vedersi riconosciuto un incarico; tornano ad Antiochia perché quella è la chiesa da cui sono partiti, quelli sono i discepoli e le discepole che li hanno sostenuti, che hanno pregato con loro, che li hanno amati e che loro hanno amato. Non c’è missione che non parta da questo amore, che stringe in relazioni fedeli e fa essere responsabili gli uni degli altri. Non c’è missione che non parta da un luogo, volti precisi, nomi, persone di cui si vuole avere cura.
Spesso si parla (a ragion veduta) della crisi della chiesa. La via di uscita è tornare ad avere una visione, la stessa che il Vangelo ci ha consegnato fin dall’inizio.