XIV Domenica T.O.(A)
(Zc 9,9-10 Sal 144 Rm 8,9.11-13 Mt 11,25-30)
Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa
Il giogo è l’attrezzo agricolo che si mette sul collo dei buoi (o di animali da tiro in genere) per far loro tirare l’aratro o altro. Serve a tenerli insieme, ma siccome pesa sul collo e costringe la testa in basso, ha assunto nel linguaggio comune un significato negativo, sinonimo di oppressione. Ma non ogni giogo è così. C’è un giogo oppressivo, che potremmo ricondurre a quello che Paolo in questo brano della lettera ai Romani chiama “dominio della carne”, che conduce alla morte, perché spinge a seguire i desideri che sorgono dalle nostre ferite, dalle nostre devianze e dall’illusione di poter saziare il bisogno di vita che proviamo divorando e accumulando cose e persone (questi sono i desideri carnali che portano alle opere del corpo, nel linguaggio di Paolo). E poi c’è un giogo liberante, qualcosa che ci lega e ci sta addosso non per schiacciarci e condurci alla morte, ma per darci vita e per resuscitarci, qualora dovessimo morire. Questo giogo che fa vivere è la vita secondo lo Spirito, cioè una vita vissuta sotto l’azione dello Spirito, soggiogati dalla sua azione liberante e benefica.