16 - Ott - 2020
XXIX Domenica T.O. (A)
(Is 45,1.4-6 Sal 95 1Ts 1,1-5 Mt 22,15-21)
Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa
Chi è l’unico Signore, colui al di fuori del quale non c’è alcun dio? Potremmo riscrivere così le parole della prima lettura (tratta dal profeta Isaia) e porle come una domanda che risuoni in ciascuno di noi: chi è l’unico cui riconosciamo il diritto di regnare su di noi?
I farisei, che tengono consiglio per cogliere in fallo Gesù e gli mandano i propri discepoli con gli erodiani perché gli tendano una trappola, pensano di avere Dio come unico Signore, tanto è vero che scelgono come banco di prova per Gesù una questione tecnica “da gente religiosa”, una disputa relativa alla legge. Si chiedevano se fosse lecito maneggiare denaro che ha impressa l’immagine di un uomo che si fa Dio e se bisognasse riconoscergli il diritto di riscuoterlo. Non si trattava solo di una questione politica (già grave perché pagare le tasse voleva dire in qualche modo collaborare con gli invasori) ma religiosa: riconoscere un altro come signore significava tradire la fede in Dio.
I farisei erano convinti di avere Dio come unico Signore eppure hanno la moneta in tasca e sono pronti a complottare contro Gesù per metterlo in difficoltà con l’inganno. Chi è veramente il loro unico Signore? Perché da quello che fanno non sembra essere Dio.
Facciamoci anche noi la stessa domanda. Per sapere chi è il nostro unico Signore non dobbiamo guardare le nostre convinzioni e i nostri buoni sentimenti, né il nostro ruolo civile o ecclesiale, ma le nostre azioni. Ciò che facciamo dice chi siamo molto più di tutto il resto. Nella prima lettura Ciro è al servizio di Dio senza nemmeno saperlo, quasi a dire che Dio può esercitare il suo regno di vita sul mondo tramite ogni essere umano che viva secondo giustizia e faccia bene ciò che è chiamato a fare, anche se questa persona nemmeno lo conosce. Al contrario saranno gli uomini devoti e dediti alla legge a volere e ottenere la morte ingiusta di Gesù.
Ciò che facciamo ci fa vedere chi serviamo. L’esordio della prima lettera ai Tessalonicesi (seconda lettura) ce lo conferma: che il Vangelo sia stato accolto da questi credenti con potenza dello Spirito e profonda convinzione si vede nella operosità della loro fede (dal fatto cioè che il loro credere in Dio si traduce in opere), nella fatica della loro carità (perché chi crede ama e amare non è mai una dichiarazione di intenti ma un fattivo affaticarsi per il bene altrui) e nella lotta che si deve fare per tenere ferma la propria speranza in mezzo alle diverse vicissitudini, scegliendo di comportarsi come chi davvero attende la pienezza della vita.
A questo punto proviamo ad ascoltare la risposta di Gesù alla domanda che gli viene fatta: è lecito pagare il tributo a Cesare? Prima di rispondere Gesù chiede loro di mostrargli la moneta. Quando la tirano fuori, Gesù fa loro una domanda: di chi è l’immagine che è impressa sulla moneta? L’immagine è di Cesare, rispondono. Allora ridategli ciò che è suo, ma non dimenticate di dare a Dio ciò che invece appartiene a lui. Gesù sposta la questione dalle dispute politiche o religiose al cuore dell’esistenza umana: mette tutti davanti a Dio perché si chiedano chi vogliono servire, di chi portano impressa l’immagine.
Poiché uno solo è il Signore di tutta la terra, non è un problema dare ad altri ciò che spetta loro (tasse, rispetto delle leggi, lavoro, ecc…) purché si dia a Dio ciò che invece spetta a lui, anzi purché tutto ciò che si dà ad altri si dia come servi di Dio: cercando la giustizia, prendendosi cura degli altri, rispettando il bene di tutti, testimoniando la bellezza dell’amore. Dio non è geloso di ciò che diamo agli altri (al contrario: vuole che diamo loro tutto di noi), purché lo diamo tenendo lui come Signore e, quindi, donando tutto nel modo in cui lo farebbe lui. Non si tratta di essere impeccabili o inappuntabili, ma di spendersi (come una moneta) amando (cioè portando impressa nel nostro povero vivere quotidiano l’immagine dell’amore di lui), così come ha fatto Gesù, che ha reso a Dio tutto se stesso, amando i suoi fino alla fine, e così ci ha mostrato l’immagine del Padre impressa in ogni fibra della sua carne e spesa in ogni attimo della sua vita.