13 - Nov - 2020
XXXIII Domenica T.O. (A)
(Pr 31,10-13.19-20.30-31 Sal 127 1Ts 5,1-6 Mt 25,14-30)
Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa
Domenica scorsa la parabola delle dieci vergini ci provocava a desiderare la sapienza, a cercarla, in modo da essere pronti nel momento in cui lo Sposo sarebbe arrivato: se anche ci addormentassimo nel frattempo, basta risvegliarsi e, con le lampade piene d’olio, entrare alla festa. Ci si presentava così l’immagine della vita come di un’attesa dell’incontro con Dio, che avverrà certamente alla fine dei nostri giorni, ma che avviene continuamente nelle vicissitudini della vita nelle quali egli si fa presente.
La seconda lettura di questa domenica sembra commentare il Vangelo di domenica scorsa: il giorno del Signore (l’incontro con lui) viene come un ladro di notte (stavolta non è uno Sposo, ma arriva comunque all’improvviso e in piena notte), non c’è situazione in cui ci si possa accomodare (ci si può appisolare ma non smettere di attendere) ma bisogna essere vigilanti, cioè forniti di ciò che serve per l’incontro (con le lampade piene di olio, per tornare all’immagine della parabola).
Proviamo a chiederci allora che cosa sia l’olio che dobbiamo procurarci. Il Vangelo di questa domenica credo ci aiuti a rispondere a questa domanda. Gesù racconta la parabola dei talenti. Un uomo parte per un viaggio e distribuisce i suoi beni ai servi, a ciascuno secondo le sue capacità, perché quando ritorna quelli siano moltiplicati. Questo padrone non è geloso di ciò che possiede, preferisce che altri lo gestiscano e lo facciano crescere, piuttosto che conservarlo sterilmente pur di non farlo toccare a nessuno. Ci viene data così un’immagine di Dio straordinaria, perché egli non solo crea e fa vivere tutte le cose, ma le consegna a quelli che ama come se fossero le loro: egli non governa il mondo da solo, ma tramite il servizio coinvolto, coraggioso e responsabile di quelli che lo servono.
Non tutti però reagiscono allo stesso modo davanti al dono di Dio. Non un problema di capacità personali né di quantità dei beni prodotti (uno riceve cinque talenti e altri cinque ne guadagna, uno ne riceve due e altri due ne guadagna), il punto è l’atteggiamento di fondo: quando i doni di Dio e la sua fiducia vengono disprezzati e il servo non fa proprio nulla di ciò che gli è stato affidato, quando seppellisce tutto, si tira indietro, fa il minimo, aspetta da Dio ciò lui che ha chiesto a noi. Malvagio e pigro: così viene giudicato, perché non ha avuto il coraggio di giocare se stesso nella sfida che la vita gli offriva: moltiplicare i doni ricevuti a vantaggio di tutti.
L’olio che continuamente lungo il corso dell’esistenza bisogna procurarci, allora, potrebbe essere proprio questo coraggio, questo zelo, questa capacità di spendere tutto di sé perché i doni che ci sono messi tra le mani, le persone che ci sono affidate, il tempo, le responsabilità, gli impegni, il creato, le relazioni sociali, tutto si moltiplichi. Avremo la lampada piena d’olio se avremo trascorso la vita come la donna descritta nella prima lettura tratta dal libro dei Proverbi: senza sosta al lavoro dedita a ciò che le è affidato.
Ma per sapere se davvero ci siamo spesi per moltiplicare i doni di Dio o se invece li abbiamo seppelliti per occuparci d’altro, bisogna assumere i criteri di giudizio di Dio, sui quali ci illuminerà il Vangelo di domenica prossima, con il quale arriviamo alla festa di Cristo re che ci porta a contemplare in lui la sapienza che gli ha fatto donare tutto di sé per ciò che gli era stato affidato, questa sapienza ci insegnerà quale servizio è capace di procurarci ciò che ci serve per l’incontro con Dio e quale ci lascia al buio con le lampade vuote e una moneta del tutto inutile sotto terra.