Domenica di Pentecoste (B)

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21 - Mag - 2021

Pentecoste

Domenica di Pentecoste (B)

(At 2,1-11   Sal 103   Gal 5,16-25   Gv 15,26-27; 16,12-15)
Domenica 23 Maggio 2021

Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa

Il Vangelo di questa solennità ci conduce nell’intreccio delle relazioni del Padre, del Figlio e dello Spirito. Gesù infatti promette che manderà lo Spirito che procede dal Padre, dicendoci che se lo Spirito esce dal Padre (questo vuol dire procede) non vuol dire che il Figlio non sia coinvolto in questo dono che ci viene fatto. Infatti Gesù dice ai suoi che questo Spirito li guiderà alla verità che lui non può dire perché prenderà ciò che è suo (che è poi ciò che è del Padre) e lo annuncerà. Sembra quasi che il dono dello Spirito che celebriamo a Pentecoste ci permetta di gettare lo sguardo nella vita intima delle Tre persone divine, facendoci accorgere che sono così strette l’una all’altra che mai riusciamo a vederne una sola. E così lo Spirito che ci viene donato ci immerge in ciò che il Figlio vive e che ci conduce inevitabilmente al Padre: “non parlerà da se stesso” dice Gesù, ma parla a partire da ciò che prende del Figlio e del Padre.

Ma che cosa è lo Spirito che nel racconto del libro degli Atti viene accompagnato da fragore, vento gagliardo e lingue di fuoco? Che cosa è questo Spirito che Gesù ci manda dal Padre e che il Padre fa uscire da sé? Si può comprendere solo dagli effetti che compie: e se nella prima lettura vediamo come è capace di insegnare agli uomini a parlare lingue nuove perché possano capirsi, incontrarsi e testimoniare le grandi opere di Dio, nella seconda lettura la potenza dello Spirito appare ancora più evidente. Infatti, pur senza gli elementi del racconto straordinario che viene utilizzato invece nel racconto degli Atti, ci troviamo di fronte ad una potenza che dimostra, dai frutti di cui è capace, di essere uscita da Dio senza ombra di dubbio: essa opera nel cuore degli esseri umani e che li rende capaci di amore, gioia, grandezza d’animo, di volere il bene degli altri, di bontà, fedeltà, mitezza, e della capacità di dominare ciò che di noi stessi può fare il male. Proprio qui, nelle profondità della nostra interiorità, quando osserviamo le inimicizie diventare amicizia, la gelosia diventare benevolenza, le ubriachezze e le orge (e ogni sregolatezza) stemperarsi nel dominio dei propri istinti. Quando la dissolutezza cede alla mitezza e la discordia sfocia nella pace, come quando la stregoneria e l’idolatria vengono abbandonate per la fedeltà, allora noi sappiamo di essere abitati dallo Spirito di Dio e ne conosciamo la potenza non più misteriosa, ma sorprendentemente nota.

La verità che Gesù non poteva dirci tutta insieme, perché non eravamo in grado di portarne il peso, ci viene donata nella carne, ormai riempita dalla potenza dello Spirito che ci abita. Non ci viene spiegata, ci viene messa dentro perché ci spinga verso la vita e il bene, lasciando indietro tutte le opere che conducono alla morte (quelle della carne nel linguaggio usato da Paolo). E così conosciamo le profondità dei segreti di Dio dall’amore che viviamo e dalla vita che portiamo; non le troviamo lontano, nelle speculazioni difficili della mente, né nella contemplazione mistica data a pochi, ma nel bene, piccolo e ordinario, che la bontà e la fedeltà di ogni giorno rivelano in tanti che nemmeno se ne accorgono. La buona notizia di questo giorno è allora che lo Spirito soffia potente nei cuori riempendo le nostre vite delle opere che Dio vuole per la vita del mondo e scioglie le nostre lingue perché il suo amore non rimanga nascosto ma raccontato proprio a partire dalle opere che lo Spirito ci fa compiere. Un giorno nuovo, un inizio nuovo, un ringiovanimento (come ci suggerisce il salmo) per la chiesa e il mondo intero, perché il Figlio manda dal Padre lo Spirito di verità che esce dal Padre. “Sia per sempre la gloria del Signore, gioisca il Signore delle sue opere. A lui sia gradito il mio canto, io gioirò nel Signore”.

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