XI Domenica T.O. (B)
(Ez 17,22-24 Sal 91 2Cor 5,6-10 Mc 4,26-34)
Domenica 13 Giugno 2021
Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa
Provo a leggere la parola di questa domenica, che riprende la lettura del Vangelo di Marco al quarto capitolo subito dopo la parabola del seminatore, introducendola con le parole di papa Francesco (parole che ha usato per rifiutare le dimissioni del card. Marx, importante vescovo tedesco, impegnato per la riforma della chiesa). Sono parole che non fanno sconti alla durezza della realtà e allo stesso tempo ci portano al cuore della nostra fede. Il papa fa riferimento agli abusi sessuali che hanno dilaniato (e dilaniano) la chiesa, ma possiamo leggerlo pensando a tutti i fallimenti personali ed ecclesiali che ben conosciamo: tutto ciò che non testimonia il Vangelo nella nostra vita e nelle nostre comunità.
Così scrive il papa: “È urgente “esaminare” questa realtà degli abusi e di come ha proceduto la Chiesa, e lasciare che lo Spirito ci conduca al deserto della desolazione, alla croce e alla resurrezione. È il cammino dello Spirito quello che dobbiamo seguire, e il punto di partenza è la confessione umile: ci siamo sbagliati, abbiamo peccato. Non ci salveranno le inchieste né il potere delle istituzioni. Non ci salverà il prestigio della nostra Chiesa che tende a dissimulare i suoi peccati; non ci salverà né il potere del denaro né l’opinione dei media (tante volte siamo troppo dipendenti da questi). Ci salverà la porta dell’Unico che può farlo e confessare la nostra nudità: “Ho peccato”, “abbiamo peccato”… e piangere e balbettare come possiamo quell’“allontanati da me che sono un peccatore”, eredità che il primo Papa ha lasciato ai Papi e ai Vescovi della Chiesa. E allora sentiremo quella vergogna guaritrice che apre le porte alla compassione e alla tenerezza del Signore che ci è sempre vicino”.
Proprio a partire da questa situazione ecclesiale, che è nostra e chiede il coraggio della vergogna, ascoltiamo la parola di questa domenica. Nella prima lettura sentiamo parlare di un ramoscello di cedro. Per moltiplicare la vita, per piantare un albero dove non c’è, non posso trasportare un cedro intero: è enorme, le sue radici scendono sotto terra per metri. Tentare di sradicarlo porterebbe solo morte. L’albero oramai radicato va lasciato dove è, ma si può prendere un solo rametto, piccolo, per piantarlo altrove. Sarà quasi invisibile, insignificante rispetto alla pianta da cui è spuntato, esposto alla siccità perché senza radici, fragile di fronte al vento e agli animali, ma, se si ha fiducia nella terra e si lascia che la sua vitalità scorra, metterà radici e tenderà i rami verso il cielo. Questo è il cammino della parola in ciascuno di noi, è il cammino di ciascuno di noi e il cammino della chiesa: non ci salverà il prestigio, né il potere, né il denaro, ci salverà la vita di Dio in noi se la lasciamo scorrere. La seconda lettura ci offre l’immagine dell’esilio per comprendere quanto abbiamo descritto ora: dove sono finiti i grandi rami carichi di frutti della pianta cui eravamo abituati? La vita, in realtà, è sempre così: fragile, esposta, consegnata. Solo la fiducia in Dio può farci prosperare come un piccolo rametto in cima ad una collina. Solo la fiducia in Dio ci permetterà di riconoscere, dopo aver provato la vergogna e lo sconforto, che il ramoscello che abbiamo piantato lontano dalle logiche di potere e di peccato, lontano dalle sicurezze “mondane”, diventa così grande da dare riparo.
Nella parabola del granello di senape che leggiamo nel Vangelo viene sottolineata la sproporzione: il più piccolo dei semi diventa la pianta più grande dell’orto. Il seme piccolo del Vangelo può far fiorire e crescere ciò che non si può nemmeno immaginare. C’è però un’altra caratteristica del seme di senapa che forse non è subito evidente e consiste nel fatto che la senapa era considerata una pianta selvatica, non poteva essere piantata nell’orto (anzi a questo proposito c’era un esplicito divieto dei rabbini), per cui questo seme piccolo si trova fuori posto. Ed è proprio così: il Vangelo con tutta la sua bellezza e la sua vitalità, con tutto il potere che ha di rinnovare il mondo e costruire una fraternità e una sororità piene, cade fuori posto: cade nei nostri cuori duri, cade nella chiesa che (riprendendo le parole del papa) fa vergognare. Eppure il Padre lo semina con fiducia e ogni volta prende un rametto nuovo, piccolo, che è spuntato e lo pianta perché cresca, si mostri, faccia ombra e dia riparo. Ogni volta incrollabile il Dio della vita ci fa vivere. Da questa fiducia, che ci fa vivere anche in esilio, ripartiamo ogni volta con un rametto nuovo, accogliendo un seme piccolissimo, e alla fine col salmista potremo dire: “nella vecchiaia daranno ancora frutti, saranno vegeti e rigogliosi per annunciare quanto è retto il Signore: una roccia”.