Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo
Anno B
(Dn 7,13-14 Sal 92 Ap 1,5-8 Gv 18,33-37)
Domenica 14 Novembre 2021
Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa
L’immagine di Cristo re (per noi ancora più lontana di quella del pastore o del seminatore) ci parla di sovranità e di potere, ma nel caso di Cristo questa regalità è legata indissolubilmente e paradossalmente alla sconfitta della croce, costringendoci a ripensare l’idea stessa che abbiamo di potere. In che modo Cristo regna e su chi?
Davanti a Pilato che rappresenta i poteri di questo mondo Gesù sta inerme. Viene consegnato da altri e non ha possibilità di liberarsi perché – dice – il suo regno non è di questo mondo. Il suo potere cioè non si gioca sullo stesso piano di quello di Pilato e non ha le stesse regole: non per niente la prima lettura ci dice che si tratta di un potere eterno, di un regno che non finirà mai. Viene sulle nubi (così ancora nella prima lettura tratta dal libro di Daniele) e non dalla terra. Non bisogna intendere però questo potere come qualcosa che non ha a che fare con il mondo e la storia in cui viviamo (che buona notizia sarebbe?) ma piuttosto come un potere altro, diverso da quello che siamo abituati a conoscere eppure più forte, più decisivo.
Difficile credere che ci sia un altro potere da quelli che siamo soliti vedere: egoismo, ricchezza, ingiustizia, sfruttamento, manipolazione, violenza. Gesù, davanti a Pilato, era consapevole che fosse difficile vedere un altro potere, tanto più per un esponente del potere dell’impero romano tutto immerso in una logica dalla quale non era in grado di liberarsi, eppure – poiché era venuto proprio per rendere testimonianza alla verità – Gesù riconosce davanti a Pilato di essere re. Sa che Pilato non può capire, ma questo è il momento della testimonianza ultima e Gesù non si tira indietro.
Gesù dichiara di essere re, ma solo la Pasqua che sta per accadere mostrerà che cosa significa essere re e certo si farà evidente che una tale regalità non è di questo mondo. La seconda lettura – tratta dal libro dell’Apocalisse – ci indica il cuore di questa regalità: egli ci ama e ci ha liberati donando la sua vita (mostrandoci cioè che l’amore è capace di sconfiggere ogni morte). La regalità di Gesù consiste nel far vivere. Non si tratta di un potere che prevarica o fa favori per togliere problemi, ma molto più profondamente, con una mitezza e una fedeltà straordinarie, ci ridona continuamente la vita, dandoci la possibilità di vivere come un regno e sacerdoti. Chi riconosce Gesù come re, infatti, cioè chi sa che da lui è stato liberato e messo in condizione di vivere, sceglie di vivere come lui e così la nostra vita diventa il regno stesso di Gesù: il luogo concreto dove lui può oggi amare e liberare altri, il luogo dove regna una logica che non è di questo mondo. E proprio il nostro vivere facendo spazio al suo amore e alla sua libertà (che ci affranca da tutte le schiavitù che ci opprimono, dalle nostre ferite ai nostri peccati, fino alle cose che non riusciamo a comprendere e ai doni che non riusciamo ad onorare) è il nostro sacerdozio che permette di trasformare la storia in cui viviamo in offerta viva gradita a Dio.
Quella di Gesù è la signoria dell’amore e della vita, davvero è di un altro mondo, eppure niente c’è di più forte e proprio il Risorto, consegnato dai sacerdoti e disprezzato da Pilato, ce lo mostra indefettibilmente. Pilato non poteva capire, ma Gesù ha dato lo stesso la sua testimonianza per noi e ce la ripete oggi colmandoci di speranza: io sono re.