Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (B)
Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (B)
(Es 24,3-8 Sal 115 Eb 9,11-15 Mc 14,12-16.22-26)
Domenica 06 Giugno 2021
Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa
Nelle letture proposte per questa domenica la Solennità del Corpus Domini viene contemplata sotto il segno dell’alleanza, come se dovessimo puntare l’attenzione sul fatto che ciò che celebriamo riguarda una relazione profonda con Dio, un patto, un legame così stretto da potersi dire che diventiamo suoi consanguinei, una sola carne con lui. Nel capitolo 24 dell’Esodo, da cui è tratta la prima lettura, vediamo l’adesione di Israele alla legge (“tutti i comandamenti che il Signore ha dato, noi li eseguiremo”) incorniciare il rito dell’aspersione dell’altare (segno di Dio stesso) e del popolo con il sangue. Si tratta del sangue degli animali offerti in sacrificio, ma il segno indica una comunione inestricabile, un patto irreversibile.
Questa alleanza, che pure è già una piena comunione con Dio, viene rinnovata in Cristo. La lettera agli Ebrei (da cui è tratta la seconda lettura) parla di una nuova alleanza, offerta al popolo dopo le trasgressioni della prima alleanza. In realtà la Scrittura è piena di offerte di perdono, di nuovi inizi che Dio offre al popolo rinnovando la propria alleanza più e più volte, ma qui accade qualcosa di unico, perché da questo momento in poi non ci sarà più bisogno di rinnovare alcun sacrificio per purificare il popolo dal tradimento del patto che ha stretto con Dio. Infatti Cristo, uno del popolo mandato da Dio stesso, ha offerto se stesso compiendo nella propria carne tutti i comandamenti di Dio, ovvero la pienezza dell’amore; l’alleanza è dunque perfetta: il patto fra Dio e gli esseri umani è senza tradimenti né incrinature, tanto è vero che Cristo, uno di noi, è entrato nella tenda perfetta, cioè nella vita stessa del Padre (lo abbiamo contemplato il giorno dell’Ascensione) e così vive con lui e con lo Spirito (lo vedevamo domenica scorsa) un’unica vita.
Perché noi potessimo entrare nella stessa vita che Cristo condivide col Padre, perché potessimo essere protagonisti dello stesso patto di alleanza, Gesù ci ha lasciato un gesto da ripetere in memoria di lui. Ci ha chiesto di spezzare e condividere il pane e di bere allo stesso calice. Si tratta di gesti semplici, ma impegnativi: dicono infatti la condivisione di ciò che si riesce a produrre (pane e vino), la disponibilità a spezzare quello che c’è senza separazioni e senza ingiustizie, il desiderio di essere una sola famiglia con quelli che si siedono alla stessa mensa, il coraggio di riconoscere che abbiamo bisogno tutti di essere nutriti da Cristo che ci fortifica (pane) e ci rallegra (vino). Si tratta di un gesto rituale che viene dalla vita (servono gli elementi della terra, procurati col lavoro) e trabocca nella vita (se non si è disposti a spezzare il pane con gli altri e a spezzarsi per gli altri il gesto che si compie non è lo stesso di Gesù). Mangiamo e beviamo di lui, cioè della sua logica, dei suoi sentimenti, dei suoi gesti: significa che viviamo e ci rallegriamo di lui e questo – solo questo – ci fa vivere e ci fa un corpo solo.
Gesù non si è accontentato di compiere l’alleanza con il Padre, ha voluto che essa fosse anche per noi. Ha pensato se stesso come un corpo capace di nutrire e dissetare, come quello delle madri che allattando sfamano e rasserenano i bambini, perché noi diventassimo il suo corpo nel mondo, capace di nutrire e dissetare tutti quelli che ci sono posti accanto. Si tratta di un dono immenso, che non è contenuto da alcun tabernacolo e non si esaurisce sull’altare, ma invade il mondo dovunque il dono di Cristo, il corpo di lui, si fa carne in quelli che si nutrono di lui e si danno a chi ha fame.
E chi fa questo, chi mangia questo pane, vivrà in eterno.