…Lo Spirito Santo porta l’esperienza delle fede dalla mente al cuore, dall’orecchio alle mani…
XVI Domenica del Tempo Ordinario
Commento della nostra parrocchiana Simona Segoloni Ruta – Teologa
In molte culture l’ospitalità è un dovere sacro, qualcosa cui non è possibile sottrarsi. L’immagine di Abramo affaccendato per accogliere gli ospiti a Mamre, pronto a preparare il cibo e a chiedere a Sara di fare altrettanto, volendo coinvolgersi di persona e non delegando ai servi il lavoro, dice come fosse considerata l’ospitalità: non si tratta di essere gentili o di fare bella figura offrendo qualcosa di buono, si tratta di un’urgenza cui si deve rispondere in prima persona con tutto l’impegno possibile. Perché? Chi è straniero ha perduto il proprio orizzonte, non conosce i luoghi, non conosce la lingua, non sa come procurarsi sostentamento e riparo, per quanto possa essere forte e capace è diventato debolissimo, perché ha perduto ogni punto di riferimento culturale, economico, affettivo, esistenziale. Non si può fare a meno di prendersi cura di persone in queste condizioni, perché in chi li accoglie trovino un primo punto di riferimento per cominciare a ricostruire il proprio orizzonte, per poter essere se stessi, per poter vivere.
Non ci si può sottrarre a questo dovere perché l’ospite porta impressa l’immagine di ciascuno di noi: ciascuno di noi privato della sua lingua, della sua casa, dei luoghi che conosce, del lavoro che può fare, dei diritti di cittadinanza, sarebbe perduto. L’ospite ci ricorda quindi che senza gli altri siamo perduti: nessuno può procurarsi vita isolatamente o perseguendo meschini interessi di parte, siamo vivi solo se ci stringiamo gli uni agli altri.
Diventando punto di riferimento dello straniero, accogliendolo, stringendosi a lui, condividendo con lui le risorse, servendolo, Abramo riceve un dono: una parola, uno sguardo che lui e Sara non potevano avere, qualcosa che può vedere solo chi viene da fuori e non ha gli occhi velati dall’abitudine o da ciò che è sempre stato così. L’ospite può annunciare la nascita di un figlio a dei vecchi che forse non ci speravano più: uno sguardo diverso può ringiovanire tutto ciò che pensavamo avesse fatto il suo corso. Vale per Abramo, vale per ciascuno di noi, vale per le famiglie che accolgono figli, vale per le società che sanno accogliere i poveri e gli stranieri.
L’ospite privo di ogni riferimento, senza luogo e senza nulla perdere, è libero di vedere la novità possibile in una situazione che per noi è chiusa e sterile. Anche Gesù si comporta così: alle sorelle che chiama per nome, perché è loro amico, e che lo hanno ospitato, dona una parola nuova, uno sguardo altro che solo lui, che ha scelto di non avere un posto dove posare il capo, poteva avere. In modo particolare insegna alle sue amiche che è più importante farsi discepole, ascoltando la parola, che occuparsi delle faccende domestiche, per quanto sacre perché rivolte all’accoglienza dell’ospite. Sta dicendo a delle donne, in sintesi, che ciò che conta di più per loro non è far funzionare la casa (faccende e cura dei bambini), ma ascoltare la parola di Dio. Nessun capofamiglia avrebbe potuto dire questo perché sarebbe stato sconveniente per la gestione della propria casa e neppure alcuna donna cui non avessero dato alternativa, perché il ruolo di gestione della casa dava loro identità e importanza. Solo un ospite, uno straniero, uno senza casa, può dire questa parola nuova.
E questa parola viene portata a compimento dall’annuncio e dalla testimonianza della chiesa, nella vita della quale si manifesta il mistero nascosto dai secoli. Il ministero di questa parola ora è affidato noi, al punto che che il mondo può scoprire di essere stato visitato da Dio solo se gli lasciamo vedere Cristo in noi. Sediamoci dunque ai piedi del maestro, amico e ospite, per ascoltare ciò che di nuovo la Parola ci può insegnare, lasciandoci istruire con ogni sapienza per diventare perfetti in Cristo e testimoniarlo così ad ogni essere umano.
Magari ai piedi del maestro scopriremo che ciò per cui ci affanniamo (difendere i nostri interessi? avere qualche garanzia economica? far funzionare la nostra famiglia? stare in salute? farci valere?) non è la parte migliore e avremo la possibilità di scegliere una vita nuova, costruita sul Vangelo che non ci verrà tolto.