13 - Ago - 2019
…Lo Spirito Santo porta l’esperienza delle fede dalla mente al cuore, dall’orecchio alle mani…
Festa di Maria Assunta in Cielo
Commento della nostra parrocchiana Simona Segoloni Ruta – Teologa
Uno degli errori più comuni che facciamo nelle feste mariane è pensare che ciò che celebriamo non ci riguardi: ammiriamo ciò che è accaduto a Maria, ma non pensiamo ci riguardi perché noi viviamo tutta un’altra storia da quella di lei. Guardiamo così a Maria come si guarda ad una diva del cinema con cui poco abbiamo da spartire: rischiamo persino di sentirla distante. Ogni festa mariana, invece, anche questa, celebra il mistero della salvezza che Dio compie in noi come in lei: benedetta fra le donne (e fra gli uomini), non benedetta lei sola.
Il Vangelo bellissimo – e troppo ricco di particolari per essere commentato adeguatamente – vede questa ragazzina incinta ergersi come profetessa e cantare la venuta di Dio, capace di rovesciare le sorti del mondo. Quelli che vengono sempre schiacciati verranno alzati e quelli che si innalzano verranno abbassati, così che tutti potranno guardarsi negli occhi e vivere da fratelli e sorelle; chi non mangia sarà saziato e i ricchi avranno le mani vuote, perché dopo aver mangiato non terranno per sé ma condivideranno, sconfiggendo così la fame e la miseria.
Maria profetizza il rovesciamento di quel destino che riteniamo ineluttabile, perché in fondo pensiamo che la sofferenza e l’ingiustizia siano ineliminabili. Questa profezia ora espressa nelle sue parole poi sarà scritta alla fine della sua vita sul corpo di lei, nel quale sarà evidente il rovesciamento del più ineluttabile dei destini: la morte. Infatti Maria, concluso il suo cammino terreno, entra nella vita di Dio senza che la morte sia per lei quel dramma che tutti conosciamo troppo bene. Sappiamo così che la morte non è irrimediabile (nemmeno è necessaria perché forse Maria non è neppure morta ma è passata da un vita all’altra) e che il destino ineluttabile che ci attende è la resurrezione, perché – come leggiamo nella prima lettera ai Corinzi – se tutti muoiono in Adamo (cioè tutti quelli che vivono la condizione umana muoiono), tutti riceveranno la vita in Cristo. La sorte di tutti viene rovesciata: non siamo destinati alla morte, ma alla vita. Tutto questo accade prima a Cristo, poi a quelli che sono di Cristo, ma fra questi accade per prima a Maria, perché lei è “la prima e la più perfetta discepola di Cristo”(Paolo VI).
Le accade ciò che è accaduto a Cristo e che accadrà a noi. Ci aspetta come una sorella maggiore. Aspetta noi che siamo ancora nel travaglio del parto, immagine con la quale la prima lettura tratta dall’Apocalisse descrive la lotta che la chiesa vive nella storia. Maria ha lottato contro il male e ha vinto persino la morte, forte della vicinanza di Dio. La chiesa invece ancora soffre nel travaglio, ma sa che la vittoria è certa. Lo sa in Cristo e lo contempla in Maria, la prima dei credenti in cui la salvezza di Dio si compie.
Mentre travagliamo allora, possiamo alzare gli occhi su questa sorella che ha già attraversato quanto ancora ci spaventa: lei è la prova che Dio è più forte della morte. Quando le donne non partorivano in ospedale (e ancora oggi nei tanti luoghi del mondo dove non c’è assistenza medica al parto), si affiancavano ad esse in questo momento terribile, che troppo spesso portava alla morte, altre donne esperte, donne che avevano partorito e avevano fatto partorire. In questo modo ogni volta che una donna in travaglio pensava di aver perso, di non riuscire più ad andare avanti, di non avere le forze, la presenza di quelle che avevano già vinto questa lotta la sosteneva, le ricordava che poteva vincere. Esse erano l’anticipo dell’esultanza finale, la prova che la morte non vincerà, anche quando nemmeno il fiato non esce più: loro sanno cosa succede dopo, sanno che questi dolori non sono l’ultima parola. Sono donne che incoraggiano le altre a fare la loro parte, non si possono sostituire a loro, ma possono dare la speranza che serve per non lasciarsi sconfiggere. Così fa Maria con ciascuno e con la chiesa intera: si fa prossima, ostetrica coraggiosa nel nostro travaglio, per ricordarci che siamo per la strada giusta, per spingerci a fare la nostra parte con coraggio, per annunciarci che stiamo solo aspettando che Dio metta tutti i nemici sotto i suoi piedi.
Questa è la festa della prima delle discepole che gode di questa vittoria, la prima di una grande schiera: la nostra.