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04 - Mar - 2022

I Domenica di Quaresima anno C

Quaresima

I Domenica di Quaresima

Anno C

(Dt 26,4-10   Sal 90   Rm 10,8-13   Lc 4,1-13)
Domenica 6 Marzo 2022

Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa

La Quaresima inizia sempre dalla cenere. Mettiamo la cenere sul capo per riconoscere ciò che siamo, esposti continuamente alla morte, ma anche peccatori, cioè capaci di mandare in malora (in cenere) le relazioni, le attività, la vita. In questi giorni guardiamo una guerra in Europa e profughi. Ma quante guerre e quanti profughi nel mondo! Mettiamo la cenere sulla testa perché anche noi siamo responsabili, con la nostra indifferenza o con le nostre piccoli e grandi guerre, della devastazione che regna nel mondo. Ci rendiamo disponibili a riconoscere la nostra parte di responsabilità per gridare al Signore: salvaci.

Israele (così la prima lettura dal Deuteronomio) deve ricordare ogni anno portando le primizie del raccolto che è stato schiavo e nomade, che ha gridato al Signore quando non aveva alcuna possibilità di liberarsi, quando nemmeno era un popolo. È bene ricordare, anche nella prosperità, che tutto ciò che siamo viene dalla risposta di Dio al nostro grido. Da questa memoria (come ci invita a pregare il salmo) viene la certezza della vicinanza di Dio nell’ora della prova, nell’ora in cui non riusciamo a vederlo, nei giorni dell’angoscia. Dio libera e di nuovo libererà chi grida a lui (anche senza saperlo), riconoscendo il proprio bisogno di essere salvato. La fede che salva (di cui ci parla la seconda lettura tratta dalla lettera ai Romani) è proprio questa condizione esistenziale in cui sappiamo che la nostra vita dipende da Dio e che Dio è il Dio che libera e rinnova la vita: chi spera in lui non sarà deluso.

Queste parole ci accompagnano nell’ora più buia. Nella pestilenza del Covid, nella minaccia della povertà, nell’angoscia della guerra e della distruzione. Chi spera in Dio non sarà deluso. Sono le parole che portiamo con noi seguendo Gesù nel deserto. Come ogni prima domenica di quaresima, oggi ascoltiamo il Signore dialogare con ciò che lo minaccia, ricacciandone gli inganni e rimanendo fermo nel confidare in Dio che non delude. In questo dialogo scopriamo come la fede salva, come libera da ciò che impedisce la vita.

Anzitutto Gesù è affamato e solo. Il Signore si pone in una condizione di debolezza, una condizione in cui davvero solo Dio può essere la sua salvezza, dove non ha forze sue (ha fame) né alleati (nel deserto). E il nemico prova a fargli desiderare di essere forte: dì che queste pietre diventino pane. Gesù però, non certo perché mangiare non sia un bene, preferisce restare debole: in questo momento scegliere di mangiare significa cercare di bastarsi da sé. Nel deserto questo non è possibile, come in tutti i deserti della vita e della storia. L’essere umano non vive del pane che fa forti e autosufficienti, ma vive della Parola che Dio gli rivolge, vive cioè della relazione con lui: questa è il cibo cui mai si può rinunciare. Allora il nemico prova a fargli desiderare il potere. Quanti orrori e quanti abusi piccoli e grandi per un po’ di potere! Davvero una seduzione potente. Gesù poteva desiderarlo a fin di bene: sarebbe stato un re giusto e buono. Poteva scegliere di regnare beneficando gli esseri umani, ma sa che il potere finisce per mettersi al posto di Dio, finisce per farsi adorare e non c’è fin di bene che tenga: non è più Dio colui in cui confidi. Meglio stare sulla soglia della tua casa che abitare nelle tende dei potenti. E così si arriva all’ultima prova: buttati e costringi Dio a salvarti, metti alla prova il suo amore. Ma Gesù già confida in Dio, per cui metterlo alla prova sarebbe servito solo a intaccare la certezza della sua salvezza. Non mette alla prova Dio, dunque, e così non perde la speranza che già possiede, quella di non restare deluso.

Non tentiamo Dio nemmeno noi, resistiamo alle logiche che ci chiedono di essere forti e autosufficienti, che ci fanno pensare che le strategie di potere siano  migliori di quelle del Vangelo, che ci fanno mettere alla prova Dio come se non fosse affidabile. Resistiamo nel deserto, affamati, senza potere e saremo certi della speranza che ci abita: non resteremo delusi. E così passeremo la notte che pure ci minaccia all’ombra dell’Onnipotente, al riparo.

19 - Feb - 2021

I Domenica di Quaresima (B)

Quaresima

I Domenica di Quaresima (B)

(Gen 9,8-15   Sal 24   1Pt 3,18-22   Mc 1,12-15)
Domenica 21 Febbraio 2021

Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa

Il deserto (in cui Gesù sta per quaranta giorni tentato da satana) e il diluvio (di cui parlano sia la prima lettura tratta da Genesi che la seconda tratta dalla prima lettera di Pietro) hanno in comune il realizzarsi di condizioni così estreme da impedire la vita. Dovunque lo sguardo si dispieghi vede solo sabbia, se si è nel deserto, oppure solo acqua sotto la quale viene sommersa ogni cosa, se si è nell’arca dopo il diluvio. Sono luoghi aspri, condizioni estreme, ci portano faccia a faccia con la nostra fragilità, come digiunare a lungo, o vivere nella paura del contagio privati di tante relazioni, come capita a noi in questo tempo, immersi nelle difficoltà dell’oggi e nell’incertezza del futuro.

In questi luoghi estremi è facile sentire delle voci che ci tentano. Voci che, come è stato per le anime che avevano rifiutato di credere ai tempi di Noè (seconda lettura), ci spingono a non convertirci, a ritenerci nel giusto, cosicché il diluvio poi ci colga del tutto impreparati. Oppure voci che ci seducono convincendoci che Dio non si cura di noi e che, in fondo, non è importante: voci che separano (satana è il divisore) da Dio, dalla verità di noi stessi e dagli altri.
Eppure in questi luoghi estremi e minacciosi, che rischiano di farci errare senza riferimenti (quanto smarrimento in questo ultimo anno!), Dio opera la salvezza. Il diluvio non è la fine, ma un nuovo inizio, di fronte alla bellezza del quale Dio promette che non manderà più un altro diluvio. Il deserto poi è il luogo in cui Gesù affamato e assediato dalle voci, trova se stesso, il Padre e la decisione di iniziare la propria missione annunciando il Vangelo, come già Israele nel deserto era diventato il popolo prediletto di Dio accogliendone la parola e stringendo l’alleanza.
Oggi, come in quei primi giorni della missione di Gesù, la sua voce ci chiama a conversione mentre intorno a noi vediamo solo deserto e distese d’acqua, mentre dentro di noi si alzano le voci che ci fanno disperare o dubitare di Dio e del domani. Ci chiama a conversione in questo momento favorevole chiedendoci di saper vedere altro. L’acqua infatti distrugge, ma porta anche la vita, e il deserto è il luogo in cui si può ritrovare l’unico amore, quello di Dio, su cui si fonda tutto ciò che siamo e viviamo.
Guardiamo l’oggi allora, la durezza della situazione, entriamo nel deserto che ci è imposto, ma mettiamo a tacere ogni voce tranne una: “Quando ammasserò le nubi sulla terra e apparirà l’arco sulle nubi, ricorderò la mia alleanza che è tra me e voi e ogni essere che vive in ogni carne, e non ci saranno più le acque per il diluvio, per distruggere ogni carne”. Nutrendoci di questa parola, sapremo che ogni situazione, per quanto estrema, nelle mani di Dio può essere luogo di salvezza. Non abbiamo bisogno di aggiungere mortificazioni a quelle che già ci sono inflitte dalle circostanze, possiamo invece vivere questo tempo alla ricerca di Dio, per convertirci con tutto il cuore a lui, che è capace di far fiorire il deserto e far rinascere la vita dalle acque, e per riconoscerlo così come il Signore che si fa vicino, fino a proclamare con Gesù: il tempo è compiuto, il Regno di Dio è vicino. Oggi, adesso, in questo stesso deserto.