III Domenica T.O. anno C
III Domenica Tempo Ordinario
Anno C
(Ne 8,2-4.5-6.8-10 Sal 18 1Cor 12,12-30 Lc 1,1-4; 4,14-21)
Domenica 23 Gennaio 2022
Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa
La chiesa è il corpo di Cristo (la bellissima seconda lettura tratta dalla prima lettera ai corinzi) perché, se è docile allo Spirito, ognuno dei suoi membri diventa membro di Cristo. Lo Spirito di lui è capace di fare di quello che ciascuno e ciascuna è un dono per la chiesa intera, un dono che nessun altro può essere e di cui tutti hanno bisogno: nessun membro del corpo può fare a meno delle altre membra e non si può dare un corpo sano e bello se non nella varietà delle membra. In pochi tratti, con un paragone che era usuale al tempo di Paolo per i soggetti collettivi, abbiamo così un’immagine vivida della chiesa: siamo corpo di Cristo (e così lui può essere visto e incontrato nel mondo) se siamo gli uni per gli altri.
La prima lettura ci guida a comprendere la radice di questo dono rileggendo la storia di Israele. Dopo il ritorno dall’esilio i problemi (interni ed esterni) non erano stati pochi, grazie alla guida di Esdra e Neemia il popolo è riuscito a completare la ricostruzione e (nel capitolo settimo) si ha un elenco di quanti erano tornati e costituivano il resto da cui Israele doveva ricominciare. Tutti questi non sono però ancora un popolo, perché questo accada occorre proclamare la Parola di Dio e spiegarla adeguatamente in modo che tutti quelli che possono, donne e uomini, comprendano. Dopo un lungo silenzio, dopo lo straniamento dell’esilio, dopo lunghi anni in cui l’esperienza dei padri rischiava di diventare uno sfumato ricordo e la vita del popolo si era frammentata nei tanti israeliti mescolati agli abitanti della Mesopotamia, ora, in patria, terminata la ricostruzione, la Parola di Dio viene solennemente e a lungo perché gli israeliti rinascano come popolo. Un lungo giorno per riascoltare l’amore di Dio, per ricordarne i gesti, per ridirsi la salvezza attesa, per ritrovarsi come un solo popolo di donne e uomini capaci di intendere ciò che Dio dice. Il dono di essere un popolo solo, un corpo solo (come dice Paolo per la chiesa), sorge allora proprio dall’ascolto della Parola che lo Spirito e l’ingegno umano (nei primi versetti del Vangelo troviamo il prologo di Luca in cui spiega il suo impegno nel ricercare e scrivere un racconto ordinato su Gesù) hanno scritto perché le donne e gli uomini di tutti i tempi potessero essere messi di fronte agli eventi della salvezza e potessero credere nel Signore.
Gesù a Nazaret, all’inizio del suo ministero, va in sinagoga e, come al solito, si alza a leggere. Comincia la novità della sua vita dalla Parola che Dio ha detto al suo popolo. Di fronte al brano del profeta Isaia che legge e ascolta con tutti gli altri, dice l’essenziale: oggi si è compiuta la parola che avete ascoltato. Infatti la Parola, che Dio dice e ci consegna nella Scrittura e nella vita stessa del popolo che se ne nutre, si compie quando viene ascoltata. Ogni parola è fatta per chi deve ascoltare, è qualcosa di rivolto: ogni parola rivela il cuore di chi parla ma proprio perché ne rivela l’apertura all’altro. Per questo ogni parola ha senso solo quando viene ascoltata. Oggi, insieme, come un corpo solo, ascoltiamo questa parola di Isaia che Gesù ha riconosciuto come il cuore del proprio ministero e mettiamolo al cuore del nostro vissuto: lieto annuncio per i poveri, vista per i ciechi, liberazione per i prigionieri e gli oppressi. Ascoltiamo ciò che Dio dice perché, sotto la potenza dello Spirito, si realizzi in noi e intorno a noi. E la festa sovrabbondante descritta da Neemia potrà cominciare.