IV Domenica T.O. anno C
IV Domenica Tempo Ordinario
Anno C
(Ger 1,4-5.17-19 Sal 70 1Cor 12,31-13,13 Lc 4,21-30)
Domenica 30 Gennaio 2022
Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa
C’è una resistenza profonda che contrasta la parola, contro cui il profeta viene istruito (prima lettura tratta da Geremia) e contro cui Gesù vuole ammonire i suoi concittadini (nel brano del Vangelo che riprende e prosegue quello di domenica scorsa). La parola non incontra sempre l’ascolto, più spesso incontra argomentazioni contrarie, sospetti, manipolazioni, deprezzamento, tutte strategie che servono per giustificare la propria volontà di non ascoltare. Togliere credibilità a chi parla è il primo modo per non ascoltarlo e, se questo alcune volte è doveroso (come quando parlano come esperti coloro che non lo sono), altre volte è estremamente pericoloso, persino terribile quando chi parla lo fa secondo la logica di Dio.
Dio conosce le resistenze e così istruisce il profeta a non spaventarsi: la parola va detta anche là dove troverà solo opposizione e guerra, perché è l’unico modo per dare vita a coloro che non vogliono ascoltare. Da parte sua Dio promette a colui che manda di renderlo un muro di bronzo, una fortezza: Dio non promette l’assenza di guerra, non impedisce l’assedio da parte di chi non vuole ascoltare la parola, si schiera però dalla parte del profeta, promettendogli che non sarà vinto. La parola resterà ferma, offerta irrimediabilmente, anche di fronte all’odio.
D’altra parte è una parola che sorge dall’amore, detta per amore, tesa al bene di coloro cui è rivolta, e quindi non può essere vinta. Nel testo famosissimo della prima lettera ai Corinzi (seconda lettura), Paolo ci descrive l’amore proprio così, capace di scusare, credere, sperare e sopportare tutto. L’amore può non essere accolto, può scatenarsi una guerra contro chi offre l’amore, ma l’amore resta, invincibile per sua natura, perché non cerca il proprio interesse, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, non si vanta, non è invidioso, ma è solo benevolo e paziente (così dovremmo tradurre magnanimo), capace solo di fare il bene e di attendere sempre una novità buona e sorprendente in coloro che ama (la pazienza non è mera sopportazione ma la speranza nel cammino altrui, la fiducia in loro). L’amore non può essere vinto, resta solo quello alla fine e dà senso a tutto ciò che facciamo e siamo.
Certo non è facile riconoscere la parola che viene da Dio e, fragili e feriti come siamo, non è facile nemmeno riconoscere l’amore. Forse le parole di Gesù nel Vangelo possono aiutarci. Prende infatti Elia ed Eliseo come esempio di profeti che non hanno potuto fare il bene del proprio popolo, ma quello di stranieri, perché questi (diversamente dagli israeliti) non si sono chiusi di fronte alle loro parole. Mentre Gesù racconta questo però – oltre a metterci in guardia dalle resistenze che ciascuno di noi porta dentro – ci insegna a riconoscere la parola e l’amore che vengono da Dio: essi sfamano (come Elia con la vedova) e guariscono (come Eliseo con il lebbroso). L’amore che viene raccontato e trasmesso dalla Parola di Dio – e ogni amore possibile – si riconosce così: nutre e libera. Il resto è solo un bronzo che rimbomba o un cembalo che strepita. A noi scegliere a cosa resistere e da cosa farci conquistare.