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25 - Mar - 2022

IV Domenicadi Quaresima anno C

Quaresima

IV Domenica di Quaresima

Anno C

(Gs 5,9-12   Sal 33   2Cor 5,17-21   Lc 15,1-3.11-32)
Domenica 27 Marzo 2022

Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa

Perdonare significa dare a qualcuno una nuova possibilità di vita. Quando si perdona infatti si scioglie l’altro dal male che ha fatto. Non è possibile farlo se chi ha fatto il male non si pente, perché se non riconosce l’errore e non ne soffre, la persona rimane legata al peccato che ha commesso, non rinnegandolo. In questa condizione a poco serve il perdono offerto dell’altro e persino quello di Dio: ciò che i fratelli e le sorelle dimenticano, così come Dio dimentica, viene infatti tenuto a mente e nel cuore da chi ha commesso il male, proprio rifiutandosi di riconoscere e distaccarsi dal male stesso.

Quando invece, come il figlio minore di questa famosissima parabola, si rientra in se stessi e ci si rende conto del male commesso, di quanto si è sperperato (quanti beni, affetti, possibilità di vita e di gioia per sé e per altri), allora ci si separa dal peccato commesso e in questa condizione si può tornare davanti a coloro che hanno sofferto per colpa nostra (e davanti a Dio). In questa posizione che ci vede mortificati e consapevoli di non meritarci niente, osiamo sperare in una nuova possibilità, anche piccola (trattami come uno dei tuoi garzoni) ed è qui che il miracolo del perdono ci sorprende. Dio infatti ha già dimenticato quello che noi con tanta fatica rinneghiamo, aspettava solo il nostro percorso di consapevolezza e quindi ha in serbo per noi non una piccola opportunità o un periodo di prova in cui dimostrare che siamo cambiati, ma piuttosto una festa che ci restituisca alla vita piena di figlie e figli. Quando ci pentiamo del male fatto, entriamo all’istante nella nuova possibilità di vita che Dio già pregustava di donarci. E questo spiega perché la seconda lettura (seconda lettera ai Corinzi) ci parli di un ministero della riconciliazione e ci supplichi a lasciarci riconciliare con Dio: non è Dio che va convinto ad offrire un perdono che bisognerebbe guadagnarsi, siamo noi che dobbiamo convincerci a distaccarci dal male fatto, senza scuse e senza difendere ciò che è stato.

Nel leggere la parabola, però, non possiamo fare a meno di domandarci perché il fratello maggiore si indigni del perdono offerto al proprio fratello. Quale guadagno può venire dallo smarrimento dell’altro, dal fatto che non si ravveda? Oppure quale guadagno può venire dal lasciarlo legato a ciò che ha fatto anche dopo che lui ha riconosciuto il proprio errore ed è tornato sui suoi passi? Le parole che il padre della parabola dice al fratello maggiore sono proprio in questa direzione: bisognava rallegrarsi perché il fratello perduto è tornato alla vita. Questo ritorno alla vita è un guadagno per tutti. Perché il figlio maggiore (come i farisei e come tutti quelli che si pensano migliori di altri) non lo comprende?

Forse l’evangelista Luca ci vuole dire che ci si può perdere anche restando in casa. Ci si può smarrire senza muovere un passo e si può dimenticare di chi siamo figli anche compiendo tutti i gesti “giusti” dei bravi credenti e delle brave persone. Il punto è che i figli e le figlie del Padre si riconoscono dal desiderio che tutti vivano, che tutti abbiano sempre e comunque una nuova possibilità di vita. Dio non si accontenta della vita già donata né concede un’unica occasione di mettere a frutto il dono ricevuto, offre invece sempre un dono ulteriore, chiedendoci di diventarne sempre più responsabili e protagonisti. Chiede un passo in più al figlio che torna, cioè quello di lasciarsi ridonare la vita abbandonando persino il ricordo del male fatto, e chiede un passo in più al figlio che è restato, cioè quello di godere della casa del Padre senza pensare che l’amore vada guadagnato e che Dio vada accontentato, altrimenti perderemo tutto.

Dio offre sempre un dono in più e dona sempre un’occasione di vita in più. Leggiamo così anche la prima lettura  tratta dal libro di Giosuè: nel deserto Dio nutre il popolo con la manna, ma una volta che è entrato nella terra promessa, gli offre la possibilità di sfamarsi col proprio lavoro al punto che sarà il popolo d’ora in poi ad offrire a Dio le primizie, senza più bisogno di affidarsi come i bambini a ciò che viene dato loro senza sforzo. Il Dio dei doni ci fa liberi al punto da darci la possibilità di essere noi ad offrirgli doni e primizie.

Nessuna logica di mercato. Nessuna condanna. Nessuna vendetta. Nessuna occasione perduta per sempre. Nessuna colpa indelebile. Solo Dio che medita come festeggiare il nostro ritorno e come farci gustare la vita, appena avremo deciso che il male non vale proprio la pena di essere fatto o ricordato né per noi né per i fratelli e le sorelle che si erano perduti e ora – finalmente! – tornano.