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08 - Ago - 2020

Assunzione della Beata Vergine Maria

Assunzione Beata Vergine Maria

Dal Piccolo Eremo delle Querce Caulonia (RC)

Assunzione della Beate Vergine Maria

(Ap 11,19; 12,1-6.10   Sal 44   1Cor 15,20-26   Lc 1,39-56)

Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa

Leggiamo nella prima lettera ai Corinzi (seconda lettura) che come in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita, ma ognuno a suo tempo: prima Cristo, poi quelli che sono di Cristo, infine, quando tutti avranno ricevuto la vita, Cristo riconsegnerà il Regno al Padre. Sembra la descrizione di un altro sabato: come Dio si era riposato dopo la creazione nel settimo giorno, così Cristo si riposerà, cessando ogni attività, dopo che ogni nemico, cioè ogni morte, sarà stata sottomessa ai suoi piedi. In questa lotta contro la morte, che la prima lettura ci presenta come un travaglio in cui la donna che partorisce rappresenta la chiesa, minacciata da ogni parte eppure capace di mettere al mondo la vita che è Cristo, Maria si trova in una posizione strategica, perché diviene segno del destino di tutti, chiamati a risorgere per vivere per sempre.

In lei il cammino di ogni discepolo e di ogni discepola viene svelato e portato a compimento offrendoci un anticipo del destino di tutti quelli che sono di Cristo e che Il Vangelo che viene proclamato in questa festa ci aiuta a ripercorrere nei suoi elementi essenziali. Proprio come è stato per Maria, il cammino comincia per tutti con la fede che fa nascere Cristo in noi per poi offrirlo agli altri. Nell’incontro con Elisabetta, questa svela che il motivo della beatitudine di Maria non consiste nella maternità di lei, pur straordinaria, ma nella fede: beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto. Questa è la via per entrare nella vita di Cristo e quindi vivere di lui per risorgere con lui.
Questa fede permette di sperimentare la vittoria su molti diversi tipi di morte e ci fa sperare, proprio per questa esperienza, la vittoria anche sulla morte. Maria è ancora una ragazzina, incinta da poco tempo, non sa ancora nulla di cosa accadrà né di come si compiranno le parole in cui ha creduto, eppure nel Vangelo di Luca le viene messo in bocca il cantico del Magnificat, un grido di lode che dichiara la vittoria su ogni male che solo Cristo avrebbe realizzato e che ancora oggi intuiamo e speriamo pur nel travaglio e nel dubbio. La fede le schiude l’orizzonte di Dio e così contempla la realtà dal punto di vista di lui, che innalza i piccoli e ridimensiona i potenti, sfama i poveri e toglie l’avanzo a chi ha troppo, soccorre, salva e copre tutto di misericordia.
Accogliere la parola di Dio e lasciare che generi in noi la presenza del Signore, ci fa diventare come lei profeti che vedono e proclamano l’opera di lui nella storia, anche se questa appare oscura e faticosa come un parto davanti ad un drago (per usare l’immagine dell’Apocalisse nella prima lettura): Dio soccorre il suo popolo e lo libera dalla morte. A riprova di questa sua potenza di vita Dio ci ha donato la donna di Nazareth, povera, senza titoli né meriti, una donna del suo popolo, forte solo della propria fede e del proprio amore, una sorella che ci indica la strada ricordandoci le parole che tanto aveva meditato nel cuore. Mettendo i piedi dove li ha messi lei, nella sequela di Cristo, possiamo sperare la vittoria su ogni morte, perché se è vero che tutti muoiono in Adamo, è vero anche che tutti ricevono la vita in Cristo.
13 - Ago - 2019

Festa di Maria Assunta in cielo

Dal Piccolo Eremo delle Querce Caulonia (RC)

Dal Piccolo Eremo delle Querce Caulonia (RC)

…Lo Spirito Santo porta l’esperienza delle fede dalla mente al cuoredall’orecchio alle mani

Festa di Maria Assunta in Cielo

Commento della nostra parrocchiana Simona Segoloni Ruta – Teologa

Uno degli errori più comuni che facciamo nelle feste mariane è pensare che ciò che celebriamo non ci riguardi: ammiriamo ciò che è accaduto a Maria, ma non pensiamo ci riguardi perché noi viviamo tutta un’altra storia da quella di lei. Guardiamo così a Maria come si guarda ad una diva del cinema con cui poco abbiamo da spartire: rischiamo persino di sentirla distante. Ogni festa mariana, invece, anche questa, celebra il mistero della salvezza che Dio compie in noi come in lei: benedetta fra le donne (e fra gli uomini), non benedetta lei sola.
Il Vangelo bellissimo – e troppo ricco di particolari per essere commentato adeguatamente – vede questa ragazzina incinta ergersi come profetessa e cantare la venuta di Dio, capace di rovesciare le sorti del mondo. Quelli che vengono sempre schiacciati verranno alzati e quelli che si innalzano verranno abbassati, così che tutti potranno guardarsi negli occhi e vivere da fratelli e sorelle; chi non mangia sarà saziato e i ricchi avranno le mani vuote, perché dopo aver mangiato non terranno per sé ma condivideranno, sconfiggendo così la fame e la miseria.
Maria profetizza il rovesciamento di quel destino che riteniamo ineluttabile, perché in fondo pensiamo che la sofferenza e l’ingiustizia siano ineliminabili. Questa profezia ora espressa nelle sue parole poi sarà scritta alla fine della sua vita sul corpo di lei, nel quale sarà evidente il rovesciamento del più ineluttabile dei destini: la morte. Infatti Maria, concluso il suo cammino terreno, entra nella vita di Dio senza che la morte sia per lei quel dramma che tutti conosciamo troppo bene. Sappiamo così che la morte non è irrimediabile (nemmeno è necessaria perché forse Maria non è neppure morta ma è passata da un vita all’altra) e che il destino ineluttabile che ci attende è la resurrezione, perché – come leggiamo nella prima lettera ai Corinzi – se tutti muoiono in Adamo (cioè tutti quelli che vivono la condizione umana muoiono), tutti riceveranno la vita in Cristo. La sorte di tutti viene rovesciata: non siamo destinati alla morte, ma alla vita. Tutto questo accade prima a Cristo, poi a quelli che sono di Cristo, ma fra questi accade per prima a Maria, perché lei è “la prima e la più perfetta discepola di Cristo”(Paolo VI).
Le accade ciò che è accaduto a Cristo e che accadrà a noi. Ci aspetta come una sorella maggiore. Aspetta noi che siamo ancora nel travaglio del parto, immagine con la quale la prima lettura tratta dall’Apocalisse descrive la lotta che la chiesa vive nella storia. Maria ha lottato contro il male e ha vinto persino la morte, forte della vicinanza di Dio. La chiesa invece ancora soffre nel travaglio, ma sa che la vittoria è certa. Lo sa in Cristo e lo contempla in Maria, la prima dei credenti in cui la salvezza di Dio si compie.
Mentre travagliamo allora, possiamo alzare gli occhi su questa sorella che ha già attraversato quanto ancora ci spaventa: lei è la prova che Dio è più forte della morte. Quando le donne non partorivano in ospedale (e ancora oggi nei tanti luoghi del mondo dove non c’è assistenza medica al parto), si affiancavano ad esse in questo momento terribile, che troppo spesso portava alla morte, altre donne esperte, donne che avevano partorito e avevano fatto partorire. In questo modo ogni volta che una donna in travaglio pensava di aver perso, di non riuscire più ad andare avanti, di non avere le forze, la presenza di quelle che avevano già vinto questa lotta la sosteneva, le ricordava che poteva vincere. Esse erano l’anticipo dell’esultanza finale, la prova che la morte non vincerà, anche quando nemmeno il fiato non esce più: loro sanno cosa succede dopo, sanno che questi dolori non sono l’ultima parola. Sono donne che incoraggiano le altre a fare la loro parte, non si possono sostituire a loro, ma possono dare la speranza che serve per non lasciarsi sconfiggere. Così fa Maria con ciascuno e con la chiesa intera: si fa prossima, ostetrica coraggiosa nel nostro travaglio, per ricordarci che siamo per la strada giusta, per spingerci a fare la nostra parte con coraggio, per annunciarci che stiamo solo aspettando che Dio metta tutti i nemici sotto i suoi piedi.
Questa è la festa della prima delle discepole che gode di questa vittoria, la prima di una grande schiera: la nostra.