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09 - Nov - 2019

XXXII Domenica del Tempo Ordinario

Spirito Santo M.I.Rupnik

Spirito Santo M.I.Rupnik

…Lo Spirito Santo porta l’esperienza delle fede dalla mente al cuoredall’orecchio alle mani

XXXII Domenica del Tempo Ordinario

Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa

Nel Vangelo di questa domenica alcuni sadducei (un gruppo di credenti che non sperava nella resurrezione dai morti) mette alla prova Gesù con un caso paradossale: una donna sposa sette fratelli di seguito che muoiono uno dopo l’altro senza lasciare figli. Di chi sarà moglie nella resurrezione, chiedono i sadducei, visto che è stata moglie di tutti? Prima di vedere la risposta di Gesù è bene sottolineare che non a caso i sadducei contrappongono la resurrezione, per loro impossibile, alla procreazione, che per le culture antiche (ma in parte per tutti) è il modo in cui i padri continuano a vivere. Morire senza figli per un uomo era una sventura, perché voleva dire l’annientamento della propria esistenza, per questo la legge ebraica prevedeva che il fratello sposasse la moglie del morto e considerasse il primo figlio che sarebbe nato da questa unione come un figlio del defunto, in modo che questo continuasse a vivere. Nel caso limite presentato a Gesù questo accade per sette volte.

Gesù sposta completamente l’asse del discorso e prima di parlare della resurrezione si ferma sulla procreazione. Quelli che sono giudicati degni della vita futura, dice Gesù, non prendono moglie e le mogli non vengono prese (questa sarebbe la traduzione corretta del testo, che mette bene in evidenza la posizione impari in cui le donne sono fatte oggetto di possesso), infatti non possono più morire. Che cosa sta dicendo? Rispondendo ai sadducei che avevano esposto il caso (disgustoso) di una donna passata da un uomo all’altro e usata da tutti con il solo scopo di dare un figlio a qualcuno, dichiara la fine di questo commercio: i mariti non prendono moglie e le mogli non vengono prese. Per quelli che sono giudicati degni della vita futura, il matrimonio diventa una relazione fraterna e reciproca e fare figli cessa di essere l’egoistico prolungamento della propria esistenza, per diventare un riflesso dell’amore fontale e custodente del Padre.
Solo dopo aver fatto piazza pulita di tali devianze, Gesù parla della resurrezione: i morti risorgono (non c’è più bisogno di escogitare un modo per sopravvivere) perché Dio è il Dio dei vivi. Possiamo sperare cioè nella resurrezione perché Dio si lega a noi, si è legato ad Abramo, ad Isacco e a Giacobbe, ma anche a ciascuno di noi. Questa alleanza che lui ha scelto di vivere è il pegno della nostra resurrezione: non ci lascerà nella morte perché non vuole vivere senza di noi.
Nella seconda lettura leggiamo infatti che il Signore è fedele, ci confermerà e ci custodirà. Questa esperienza, già iniziata nel cammino della vita e sperimentata nelle difficoltà e nelle morti che tutti affrontiamo, si compirà con la nostra resurrezione, perché lui che ci ha voluti e custoditi, ci ridarà la vita per sempre.
Solo la potenza di Dio (già evidente nella gloria del creato e nella salvezza degli uomini) e la sua fedeltà ci possono far sperare che la vita ci verrà restituita e questa speranza è capace di trasformare fin d’ora la nostra vita, perché, come ci ricorda la seconda lettera ai Tessalonicesi, viviamo alla luce di questa speranza, lontano dal male, dentro un cammino che ci conduca “all’amore di Dio e alla pazienza di Cristo”.
Tutto si fonda sulla fedeltà di Dio: lui che ci ama, ci ha chiamati alla salvezza e ci ha legati a sé non ci lascerà nella morte, ma ci ridarà la vita in modo del tutto gratuito e pieno, come è stato per Gesù. Questa sua fedeltà però ci dona una speranza che diventa ciò che fa essere fedeli noi: non ci sottrarremo dal glorificarlo con la nostra vita, anche se questo ci costasse moltissimo (fino alla morte per i fratelli di cui racconta il libro dei Maccabei), perché sappiamo che lui è capace di ridarci sempre la vita. Allora diciamo col salmista: “tieni saldi Signore i nostri passi sulle tue vie” perché queste conducono alla vita. Infallibilmente fino alla resurrezione.