Santa Famiglia di Gesù Maria e Giuseppe
Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe
Anno C
(1Sam 1,20-22.24-28 Sal 83 1Gv 3,1-2.21-24 Lc 2,41-52)
Domenica 26 Dicembre 2021
Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa
La domenica della Santa Famiglia quest’anno ci permette di contemplare il mistero della crescita. Ci dice la seconda lettura (tratta dalla prima lettera di Giovanni) che già siamo figli di Dio, ma allo stesso tempo siamo dentro un cammino perché ciò che siamo non è stato ancora rivelato e perché un giorno, alla fine del cammino, saremo simili al Padre. Essere figli di Dio, infatti, significa crescere, diventare adulti, responsabili, capaci di rendere presente il Padre, di comportarsi come lui ovunque, soprattutto là dove il Padre non si vede (sulla croce non farà questo Gesù proprio nel momento dell’abbandono?).
Essere figli di Dio non vuole dire pensarsi coccolati e protetti come i bambini, ma essere responsabili, vivendo secondo la sua logica, di ciò che Dio ci consegna: la vita, l’amore, i doni, le relazioni…ogni cosa. In questo percorso (di adultizzazione) le relazioni e in primo luogo la famiglia, nella quale si stringono le relazioni primarie, sono decisive. Non si può diventare liberi e adulti, pronti a vivere i doni ricevuti secondo la logica di Dio, senza essere aiutati da altri a crescere: senza essere introdotti alla libertà e lasciati liberi, senza che vengano vissuti legami profondi che diano la speranza di tessere legami profondi, senza che Dio ci venga fatto conoscere e che la vita di qualcuno ci mostri che conoscerlo e amarlo fa vivere di più e meglio.
Anna (prima lettura dal primo libro di Samuele) porta suo figlio al tempio. L’aveva voluto per dare senso alla propria vita (in quella cultura una donna aveva senso solo se partoriva un figlio) ma lo ha cresciuto perché diventasse se stesso, libero e pronto ad accogliere ciò che Dio gli avrebbe un giorno sussurrato. Maria e Giuseppe hanno portato Gesù in pellegrinaggio a Gerusalemme. Si fidano di lui tanto da farlo viaggiare separato da loro (pensavano fosse fra conoscenti e amici). Si spaventano, come comprensibile, quando non lo trovano, ma tornando indietro lo cercano là dove, probabilmente conoscendolo, sapevano di trovarlo. E infatti Gesù gli dice: non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre? Non mi avete insegnato voi la Torah, la preghiera, l’intimità con Dio? Dove dovevo essere? Ho preso il mio posto alla ricerca del Padre.
E quel giorno Maria e Giuseppe passano dall’angoscia per il bene del loro bambino alla consapevolezza di aver svolto il proprio servizio: hanno di fronte un giovane uomo, colmo di sapienza e di grazia. Rimane solo da lasciare che il tempo passi e il suo cammino si fortifichi. Come a loro accade in ogni famiglia (e certamente dovrebbe accadere in ogni famiglia cristiana): di fronte alla libertà dei figli e delle figlie, spesa per il bene, per la vita e per conoscere (in qualsiasi modo Dio disponga) l’amore di Dio, i genitori possono abbandonare ogni angoscia e continuare il cammino insieme a questi giovani adulti che, proprio come loro, sono sulla strada per diventare figli di Dio, capaci di renderlo presente nel mondo, con una sapienza cui nessuno potrà resistere. È un giorno di grande pace e di grande speranza.