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08 - Apr - 2022

Settimana Santa e Pasqua 2022

Domenica delle Palme

Pasqua 2022

Sabato 09 Apr.

Ore 18.30 Messa a Shalom

Domenica 10

Messe ore 09.00 / 11.30 / 18.30 Santo Spirito

 

Giovedì Santo, 14 Apr.

ore 18.30 Messa nel ricordo della Cena del Signore

(Santo Spirito)

Adorazione dopo la messa; si conclude alle 21.00 con compieta

 

Venerdì Santo, 15 Apr.

Ore 09.00 Lodi (S Spirito)

Ore 10.30 chiusura chiesa; per l’adorazione, si può andare in cattedrale

Ore 16.00 Confessioni ed adorazione al Santissimo (S Spirito)

Ore 18.30 Celebrazione della Morte del Signore

 

Sabato Santo, 16 Apr.

Ore 09.00 Lodi (S Spirito)

Ore 16-18 Benedizione dei cibi (solo a Santo Spirito)

Pasqua

Sabato ore 21.30 Veglia di Resurrezione

Domenica, 17 Apr.:

09.00 / 11.30 Messe solenni (a Santo Spirito)

18.30 Messa solenne (a Shalom)

26 - Mar - 2021

Domenica delle Palme (B)

Domenica delle Palme (B)

(Is 50,4-7   Sal 21   Fil 2,6-11   Mc 14,1-15,47)
Domenica 28 Marzo 2021

Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa

Quest’anno riviviamo i momenti della passione del Signore ascoltando il racconto tracciato da Marco, che delinea una progressiva ed impietosa spoliazione di Gesù. Lui, ricco di parole bellissime, autore
di segni, circondato di discepoli, seguaci e folle intere (che in questa domenica ricordiamo mentre lo acclamano messia), invincibile nelle dispute e profeta autorevole, viene spogliato di tutto ciò che è
stato e ha vissuto. Mentre condivide con i suoi il segno del pane e del vino, che doveva aiutarli a vedere nella sua morte il dono di vita che lui stava facendo, Giuda ordisce il tradimento. Gesù viene denudato degli amici più cari: Giuda tradisce, quelli che portava sempre con sé non riescono a nemmeno a vegliare mentre lui perde la pace preso dall’angoscia, infine tutti fuggono.
Così solo, in balìa delle guardie, viene messo sotto giudizio, privato dell’innocenza che non gli viene più riconosciuta e violato nella sua più  profonda interiorità: il suo essere Figlio viene definita una bestemmia, come se l’amore del Padre per lui fosse un abominio.
Pilato, troppo vigliacco per esercitare il potere che gli era stato dato, fa decidere la folla sul destino di Gesù e la folla, volubile e crudele, preferisce un assassino, spogliando Gesù del riconoscimento messianico precedentemente accordato. I discepoli, il sinedrio e ora il popolo lo hanno abbandonato nelle mani dei romani e i romani lo spogliano della dignità e della vita: lo insultano, lo torturano, lo spogliano, quindi lo crocifiggono. Sulla croce, equiparato ai malfattori, viene spogliato dei tanti segni fatti per mostrare l’amore del Padre: ha salvato tanti, salvi se stesso!
Ma Gesù sa che non può salvare nessuno, sa che solo il Padre operava in tutto quello che lui faceva, che ogni segno era opera sua e ogni
parola una parola sua. Solo il Padre può salvare. Allora Gesù grida l’abbandono di Dio: perché mi hai abbandonato? Inizia il salmo che
finisce col riscatto e la vita, ma non arriva a dirlo tutto, muore gridando l’abbandono. Perché allora il centurione lo riconosce proprio
ora, come Figlio di Dio? Perché quel grido dice chi è Gesù: lui grida verso il Padre perché sa che il Padre l’ascolta. Il Signore muore come ha vissuto, come il Figlio amato. Tutto questo che gli uomini gli fanno non può togliergli l’unica cosa che conta. E grida, come Israele in Egitto, come il cieco di Gerico, come quelli che gli erano prostrati davanti supplicandolo di guarirli, come il lebbroso e la donna sirofenicia: grida al Padre.
In questo momento, spogliato di tutto, a Gesù resta solo una cosa: il suo essere figlio e da figlio, rivolto al Padre, muore. Questo grido
squarcia il velo del tempio, il grembo stesso di Dio, che non può non rispondere a questa invocazione, e allo stesso tempo tocca il cuore
del centurione che comprende l’identità profonda di Gesù.
Le donne guardano da lontano, quelle discepole che lo avevano seguito (il verbo della sequela usato per i discepoli) e lo avevano servito
(il verbo del servizio che Gesù attribuisce a se stesso e a quelli che vogliono essere i più grandi nel regno) e molte altre che erano salite dalla Galilea a Gerusalemme (Marco usa qui un’espressione che gli Atti degli apostoli usano per i testimoni apostolici). Su due di queste donne, che guardano la pietra rotolare davanti all’entrata del sepolcro, la scena si chiude. Loro non se ne sono andate, sono rimaste. Hanno fissato lo sguardo sul dolore e sulla spoliazione di lui, perdendo ciò che non poteva essere sostituito e cui niente poteva essere paragonato: Gesù stesso. E, di nuovo ora, caparbie, vanno al sepolcro: c’è ancora un corpo da onorare e lo faranno.
Il loro amore non è superficiale e inaffidabile come quello della folla, la loro fedeltà non conosce rinnegamento né fuga, la loro pena
non le distrae: c’è ancora un corpo da onorare. Giustamente il Signore stesso premierà questo amore incrollabile mostrandosi a loro Risorto.
Tanto amore merita di essere premiato. Proprio come aveva premiato la donna che l’aveva unto in vista della sua sepoltura sprecando tanto
olio prezioso: ha fatto quanto era in suo potere per trattarlo con pietà e rispetto, dovunque verrà annunciato il Vangelo si racconterà
anche ciò che ella ha fatto. In fondo, alla fine dei conti, davanti a Dio vale solo l’amore sprecato sugli altri: Gesù lo sa bene e se lo
ricorda anche mentre viene abbandonato e denudato. Forse sente ancora addosso, mischiato con quello dolciastro del sangue, il profumo buono dell’olio di lei e si ricorda di essere l’amato del Padre: per questo grida, costringendoci ad aspettare, con le donne, ciò che il Padre risponderà.

07 - Apr - 2020

Settimana Santa: Giovedì, Venerdì

francesco abbraccia crocfisso mosaico

Settimana Santa: Giovedì, Venerdì

Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa

Il primo giorno del triduo pasquale è il venerdì (giorno in cui riviviamo la passione del Signore) ma viene introdotto dal giovedì sera dove riviviamo l’ultima cena di Gesù, nella quale Gesù stesso ci spiega come comprendere ciò che sta per accadere. La sua morte, infatti, si presenta come un atto brutale e ingiusto (e lo è), per cui, senza occhi capaci di vedere oltre, non c’è motivo per restare di fronte ad essa. Per questo Gesù, prima di morire, si preoccupa di insegnarci a guardare ciò che sta per accadere.

Due sono i gesti che Gesù fa per permetterci di comprendere il significato profondo della sua Pasqua. Il primo è un memoriale, come quello celebrato da Israele prima di partire dall’Egitto, capace di dire che la morte, anche se così vicina, non è capace di toccarci (il sangue dell’agnello sulla porta impediva alla morte di entrare nella casa). Gesù sfrutta la stessa logica per lasciare un’altra cena (che la chiesa ripeterà lungo tutta la propria storia per rendere presente il mistero della Pasqua di lui), capace di mostrare che lui vive la propria morte non come un annientamento, ma come un dono fatto ai suoi perché vivano. Un pane spezzato per nutrire altri e un vino versato per rallegrarli.
Giovanni ricorda invece un altro gesto: la lavanda dei piedi. Anche questa è scelta da Gesù per spiegare ciò che accade: muore per servire chi ama e perché questi poi facciano lo stesso per altri (Gesù non si fa lavare i piedi da Pietro, perché potremo lavare i piedi di lui, ricambiando così il suo dono di amore, nei piedi di quelli che ci sono dati da servire). Entrambi i gesti, spezzare l’unico pane (e bere l’unico vino) e lavare i piedi, rivelano ciò che dobbiamo guardare in questa morte terribile: l’amore smodato di Gesù che ama i suoi (e ciascuno/a di noi) fino alla fine.
A questo punto riviviamo l’ultimo giorno di Gesù. La liturgia della Parola ci presenta il quarto e ultimo canto del servo del Signore, in cui qualcun altro tanto tempo fa ha già sofferto ciò che toccherà a Gesù (perché le vittime delle ingiustizie e delle violenze sono innumerevoli) e che Gesù fa suo, identificandosi con tutti coloro che soffrono, con tutte le vittime della storia. Queste – ci rivela il canto del servo – sembrano colpite da Dio, ma misteriosamente portano il peso del male a favore di tutti: nella vicenda di Gesù questo diventa straordinariamente evidente, perché dopo il tormento vede la luce. Le preghiere di lui, ci spiega la lettera agli Ebrei, di essere salvato dalla morte vengono esaudite, perché dopo la passione è risuscitato e così è diventato guida e fonte di salvezza per tutti quelli che lo seguono. Nessun male può toccarci, perché nella vicenda di Gesù si fa evidente che chi confida nel Signore non resterà deluso, qualsiasi male gli sia inflitto dagli esseri umani o dalle contingenze della vita.
Nel racconto della passione Giovanni ci presenta Gesù come un re. Un re che possiede un regno che non è di questo mondo, per vedere ed entrare nel quale bisogna avere un’altra logica (chi è dalla verità) da quella del potere e della ricerca di se stessi. I capi dei sacerdoti, pur di uccidere Gesù, dichiarano il tradimento dell’alleanza perché dichiarano di non avere altro re se non Cesare. La violenza e il bisogno di mantenere ciò che possiedono li accecano. Gesù invece si consegna totalmente: a chi lo schiaffeggia perché ha “osato” rispondere chiaramente al sommo sacerdote risponde con ferma mitezza, a Pietro che estrae la spada insegna a rinnegare la violenza, davanti alle guardie si preoccupa per i suoi, perché li lascino andare.
Gesù non deve difendere niente di sé, perché tutto in lui è dono offerto ad altri e proprio per questo non può restare nella morte. Non solo perché il Padre lo resuscita, ma perché la vita che lui offre (emise lo Spirito, lascia andare cioè ciò che lo tiene vivo) continua in quelli che si lasciano servire e nutrire dal dono di lui. Questi, animati dallo Spirito di lui, faranno la sua stessa strada costituendo il regno di quelli che, amando fino alla fine, sconfiggono la morte.
La primizia di questo regno sono quelli sotto la croce: il gruppo di donne, fra cui la madre di Gesù, e il discepolo, che in qualche modo li rappresenta tutti. Gesù nel vederli insieme dà l’ultimo insegnamento, che potremmo interpretare così: “prendete come madre, come guida e riferimento autorevole, colei che con la sua fede ha condotto anche me a prendere la mia strada (quel lontano giorno a Cana di Galilea). Condividete la fede di lei, ciò che lei riesce a vedere, per poter arrivare a un’ora come questa, dove tutto in voi – come accade oggi per me – sarà dono e consegna. Allora tutto sarà compiuto”.
05 - Apr - 2020

Settimana Santa : Lunedì, Martedì, Mercoledì

francesco abbraccia crocfisso mosaico

Settimana Santa: Lunedì, Martedì, Mercoledì

Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa

La liturgia della Parola della settimana santa, cuore del tempo liturgico perché ripresenta il cuore del tempo ovvero i giorni del mistero pasquale, ci introduce a questo meditando in modo particolare i canti del servo del Signore scritti nel libro del profeta Isaia (la prima lettura ci ripresenta un canto ogni giorno) e alcuni brani dei Vangeli in cui Gesù, ormai prossimo alla morte, parla con i suoi di quanto sta per accadere. Sembrano Vangeli dominati dalla presenza degli amici, rivelativi di come Gesù li amasse.

Lunedì troviamo Gesù a cena con gli amici di Betania. In particolare troviamo Maria (la sorella di Marta e Lazzaro) che unge i piedi di Gesù e li asciuga con i capelli. Anche Matteo e Marco raccontano un’unzione da parte di una donna (non identificata) prima della Pasqua, ma è un’unzione sul capo. Simili sono le reazioni dei discepoli (anche se nel brano di Giovanni si parla della reazione del solo Giuda e con disprezzo) che si lamentano dell’olio sprecato e simili sono anche le risposte di Gesù. Ciò che cambia radicalmente è che qui è l’amica che Gesù ama a compiere il gesto e che lo compie sui piedi di lui: con amore, intimità, cura. Ella si permette di onorare il corpo di lui con la confidenza delle sorelle e spreca per questo un olio di grande valore. Il fatto che unga i piedi di Gesù (richiamando l’altro episodio, raccontato da Luca al cap. 7, della donna peccatrice che lava con le lacrime i piedi di lui) è di estremo interesse, perché poco dopo Gesù ripeterà un gesto simile sui piedi dei discepoli: solo Giovanni racconta l’unzione sui piedi da parte dell’amica di Gesù e solo Giovanni racconta la lavanda dei piedi da parte di Gesù ai suoi amici. Sembra di poter dire che Maria di Betania suggerisca a Gesù il gesto con cui lui spiegherà ai suoi ciò che sta per accadere (cioè la lavanda dei piedi). Maria mostra a Gesù col proprio amore che la sua morte non va pensata come un fallimento, ma come uno spreco d’amore, un atto dal quale Dio trarrà la vita per tutti. Gesù è affascinato dal gesto di lei e lo ripete per quelli che ama, su loro si china a lavare i piedi, onorandoli, come Maria aveva fatto con lui: accoglie l’insegnamento di lei secondo il quale ciò che è dato per amore non va perduto, ma porta vita. Gesù sceglie un gesto mite, che però non potrà mai essere messo a tacere (così come è lo stile del servo del Signore della prima lettura) perché il Signore, che crea i cieli, distende la terra e dà respiro a ciò che vive, ha stabilito il suo servo (Gesù) come alleanza del popolo e luce delle nazioni.
Il martedì santo, il secondo canto del servo (prima lettura) ci lascia intravvedere lo scoraggiamento di fronte al fallimento: invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze. A questo scoraggiamento Dio risponde rilanciando la propria chiamata: il servo non sarà mandato solo ad Israele, ma anche alle nazioni. Anche il Vangelo di questo giorno, tratto sempre da Giovanni, introduce il dramma del fallimento parlando di tradimento. Parla però anche di altro. Gli amici di Gesù quando vedono il suo turbamento nel parlare di chi lo avrebbe tradito (che dolore è ricevere il male e il disprezzo di chi si ama, di quelli con cui si condivide tutto!) gli si stringono intorno. Giuda se ne va, ma gli altri restano. Resta Pietro che vorrebbe seguire Gesù, che dichiara di essere pronto a dare la vita, anche se si sente dire che rinnegherà più volte entro poche ore. Pietro, sincero e irruento, conoscerà la paura e il fallimento, ma ora si stringe intorno al suo Signore tanto amato. Restano gli altri che si chiedono chi sarà il traditore. E resta Giovanni, il discepolo che Gesù amava, che come l’amica di Gesù si prende la confidenza di toccarlo, gli poggia il capo sul petto con intimità e affetto e lo spinge a confidarsi: Signore, chi è? E Gesù, pronto a condividere tutto, rivela il traditore dandogli un boccone di pane, senza rinnegare cioè la propria amicizia: condivide il pane, come si fa con i compagni.
Il mercoledì santo siamo di nuovo di fronte al racconto del momento della cena in cui si rivela il traditore. Il Vangelo è quello di Matteo questa volta e qui Giuda si sente rispondere “tu l’hai detto” alla domanda: “sono forse io?”. Gesù fissa Giuda, con il pane in mano, e gli dice che sa del tradimento. Questo sguardo poteva fermarlo, forse. Come l’ammonizione fatta a Pietro, forse, poteva impedirli di rinnegare. Gesù si occupa dei suoi fino alla fine. Si cura di Giuda fino all’ultimo momento in cui lui gli resta di fronte e quando lo rivedrà con le guardie lo chiamerà “amico”, per rassicurarlo che da parte sua niente è cambiato, forse per offrigli un perdono che avrebbe potuto salvarlo dal suicidio (forse le parole di Gesù dette a Pietro sono riuscite almeno in questo e così lui non ha disperato dopo il proprio fallimento perché Gesù l’aveva preparato a ciò che sarebbe accaduto e perché non lo aveva cacciato pur sapendo che avrebbe rinnegato). Come può il Signore, in questo momento di prova estrema, chinarsi così su quelli che ama, con particolare riguardo per quelli che sa rinnegheranno e tradiranno? Forse il segreto del suo cuore bellissimo sta in questo terzo canto del servo del Signore (prima lettura): il Signore Dio mi assiste, per questo non resto confuso, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare deluso.
Gesù conosce l’amore del Padre. Tutta la sua vita è stata fondata e vissuta sull’amore del Padre. Così affronta la morte, certo di non restare deluso. Soffre, ha paura, ma sa che il Signore l’assiste e va avanti. Questo lo rende capace di amare fino alla fine e di preoccuparsi, prima di morire, di contemplare l’amore della sua amica, rubandole il gesto per spiegare ai suoi il senso di quanto sta accadendo (lavanda dei piedi), e di prendersi cura del fallimento dei suoi parlando a Pietro e a Giuda. Solo l’amore lo domina, così ha vissuto, così muore: per questo spera di risorgere.
04 - Apr - 2020

Alcuni canti nella preparazione alla Pasqua

Dalla selezione liturgica della cappella in Santa Marta

Signore Ascolta Padre Perdona

Attende Domine et Miserere

  Ave regina caelorum

Settimana Santa

Stabat Mater Dolorosa – M.Frisina

Pasqua

Exultet – p.Maurizio Verde OFM

 Canto del Mare – M.Frisina

Alleluia, Io sono il pane vivo – M.Frisina