XXVIII Domenica T.O. anno B
XXVIII Domenica
Tempo Ordinario anno B
(Sap 7,7-11 Sal 89 Eb 4,12-13 Mc 10,17-30)
Domenica 10 Ottobre 2021
Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa
Se domenica scorsa la liturgia della parola ci illuminava sul rapporto viziato fra maschi e femmine, oggi ci conduce a riflettere sul rapporto con le ricchezze: il denaro, certamente, ma anche la tranquillità sociale, l’affermazione di sé, il ruolo, il prestigio, la sicurezza affettiva. La ricchezza dell’uomo protagonista di questo incontro con Gesù può essere identificata con tutto ciò su cui si può poggiare solidamente, ciò che ci fa sicuri. Ma proprio perché – nella fin troppo evidente precarietà della vita – sentirsi sicuri e forti ha un’attrattiva prepotente, quanto le braccia tese della mamma per un bambino impaurito, la prima lettura (dal libro della Sapienza) ci ammonisce a considerare come un po’ di sabbia o di fango tutta la ricchezza del mondo se paragonata alla Sapienza di Dio: questa è una ricchezza incalcolabile, al confronto con la quale tutto il resto è una miseria. Pensiamo in fondo di saperlo, sappiamo che niente ci può garantire la vita o la felicità (tanto meno i soldi o la considerazione degli altri), ma se per noi è davvero così, lo sappiamo solo alla prova dei fatti, quando la vita ci chiede di scegliere, come avviene per il protagonista del Vangelo di oggi.
Si tratta di un uomo religioso, devoto, un’ottima persona che osserva i comandamenti di Dio fin dalla giovinezza. E, come se questo non bastasse, ha il desiderio di avere di più, vuole sapere cosa fare per guadagnare la vita eterna. Forse anche questa domanda denota il bisogno di una sicurezza. Ha osservato i comandamenti ma non è sicuro di avere la vita per questo. C’è da domandarsi se non dovrebbe essere già un così fedele ascolto della parola di Dio a dargli la pace necessaria per vivere e sperare. Perché cerca altro? Oppure, magari, è spinto da un sincero desiderio di andare oltre: proprio la pratica dei comandamenti l’ha aperto a cercare una maggiore intimità con Dio, una vita che sia pienamente sua. Comunque sia, arriva davanti a Gesù: che cosa devo fare? Chiede questo.
Dopo aver detto a Gesù di aver osservato i comandamenti, riceve in cambio lo sguardo fisso del Signore e il suo amore. Gesù viene preso dal desiderio (l’amore è un desiderio) che questo uomo, capace di fare la volontà di Dio e di chiedere ancora altro, diventi uno dei suoi. Vuole che faccia il passo di chi esce dalle sicurezze date dalla posizione sociale, dalla famiglia, dal denaro, per fare di Gesù stesso (e di quelli e quelle che lo seguono) il suo riferimento, ciò al confronto del quale tutto il resto va considerato spazzatura. Quando l’uomo se ne va triste, incapace di rinunciare ai propri beni, Gesù incolpa la ricchezza: chi poggia sicuro su qualche ricchezza, infatti, fatica di più a fare Dio la roccia su cui trovare riparo. Chi sta annaspando in mare si afferra ad ogni pezzo di legno che vede, ma chi è galleggia anche solo dentro una barchetta malandata fa fatica a gettarsi in mare verso il salvagente gettato dalla nave venuta a salvarlo: e se non arrivo in tempo? E se non mi tirano su? E se poi non ce la faccio? E si resta lì, perduti in mezzo al mare, ma come se fossimo in salvo.
Davanti alla parola di Gesù (viva ed efficace, capace di penetrare fino al punto di divisione dell’anima, fino alle giunture e alle midolla, nonché di discernere i sentimenti e i pensieri) quest’uomo si scopre aggrappato alla propria ricchezza, come se questa fosse davvero capace di dargli la vita. Sentiva il desiderio di cercare la vita eterna, ma forse in realtà sperava di essere confermato di averla già trovata, o forse, semplicemente, non ha avuto il coraggio di cercarla più se il prezzo era perdere ciò che lo rendeva sicuro. Alla prova dei fatti ha scoperto su che cosa realmente sperava per vivere. Se invece avesse avuto il coraggio di andare con Gesù, avrebbe scoperto che ciascuno di quelli che fanno di Dio l’unica solida roccia su cui poggiare ricevono, subito, cento volte tanto di tutto quello che pensavano di perdere e, poi, la vita eterna. Gesù non promette a chi lo segue una vita priva di affetti (cento volte tanto in fratelli, sorelle, figli e madri) né di beni (campi), ma ci mette in guardia: fondare la propria vita sulle ricchezze (siano queste soldi o prestigio o anche ruoli sociali o ecclesiali) ci rende schiavi delle stesse ricchezze che abbiamo. Esse non saranno più il dono prezioso che ci parla dell’amore del Padre, ma ciò da cui dipendiamo e così perderemo libertà e pace. Saremo ricchi, allora, certamente, ma tristi, magari portando con noi la nostalgia di quello sguardo pieno di amore con cui il Signore ci implorava di seguirlo, desideroso di essere per noi così prezioso da valere tutto il resto. In fondo quando si ama, non è questo che si vuole essere per chi si sceglie?