Santissima Trinità (B)
Santissima Trinità (B)
(Dt 4,32-34.39-40 Sal 32 Rm 8,14-17 Mt 28,16-20)
Domenica 30 Maggio 2021
Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa
In modo del tutto inappropriato spesso pensiamo (e predichiamo anche) che l’essere trino di Dio sia qualcosa che non si comprende, lontano, astratto, difficile. Cosa c’entriamo noi con l’unicità della sostanza di Dio e la trinità delle persone di cui sentiremo parlare nel prefazio (la preghiera che precede la consacrazione)? E che cosa significa?
Le letture di questa domenica ci aiutano a celebrare questo mistero (inteso come ciò che Dio rivela di sé e non come un rompicapo che nessuno capisce) proprio a partire da noi, da ciò che Dio dice a noi e da ciò che fa con noi. I pochi versetti della lettera ai Romani (tratti dal bellissimo capitolo ottavo) sono a questo proposito assolutamente espliciti: nei nostri cuori, nella nostra interiorità (meditavamo questo domenica scorsa nella solennità di Pentecoste), fra i nostri pensieri e i nostri sentimenti, abita lo Spirito di Dio che ci rende figli. Questo significa che siamo abitati da un amore, l’amore stesso di Dio che ci invade, grazie al quale noi sappiamo di essere figli di Dio e lo riconosciamo come Padre.
La presenza dello Spirito in noi, che ci rivolge al Padre per vivere con Cristo la sua stessa condizione di figli, ci fa toccare con mano che Dio non è un solitario unico Signore, ma un mistero di vita condivisa in cui il Padre ama il Figlio, ovvero lo ricolma del suo Spirito, e il Figlio lo ricambia in un continuo dono reciproco che porta con sé vita e gioia. L’unica vita condivisa dai Tre (Padre, Figlio e Spirito) è poi donata a tutti. Nel Vangelo viene riportato il comando dato da Gesù di fare discepole tutte le genti e di battezzarle nel nome dei Tre, perché tutti possano avere l’opportunità di rinascere come figli e godere l’intimità con Dio, fino a portarlo dentro di sé. Chiediamoci allora con le parole del libro del Deuteronomio: vi fu mai una cosa grande come questa e si udì mai cosa simile a questa? Che cioè un popolo abbia udito la voce di Dio e sia rimasto vivo? Si è mai sentito, cioè, che Dio non sia l’imperscrutabile Signore da tenere buono, lontano e minaccioso, ma invece sia un Padre che per renderci figli manda il suo Figlio a farsi come noi e con lui dona il suo stesso Amore perché ci spinga dal di dentro a non scegliere altro se non l’amore e la vita?
Il Dio cristiano non è astratto, né incomprensibile: è un mistero d’amore e l’amore si vive nelle relazioni e nella condivisione della vita con quelli che si amano. Se vogliamo entrare dentro questo mistero, basta seguire i comandamenti (così alla fine della prima lettura), basta amare, cioè, e scoprire che cosa significa desiderare qualcuno al punto tale da non voler vivere se non per lui e con lui. Padre, Figlio e Spirito santo si rapportano in questo modo fra di loro, per questo vivono un’unica vita e in quest’unica vita vogliono anche noi. Chiunque ama, anche senza saperlo dire, vive la stessa cosa. Su tutti ci possono istruire i bambini, che non conoscono distanze, buone maniere, mezze misure, ma con la prepotenza di chi vive solo d’amore offrono tutto quello che sono per essere amati e con dedizione assoluta amano quelli che li hanno messi al mondo. Nel loro amore, come in quello di chi non sa abbandonare o di chi nel silenzio si spende perché qualcuno viva, un riflesso del mistero trinitario di Dio, così vicino da starci dentro e così ampio da contenerci tutti.