XIX Domenica del Tempo Ordinario

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10 - Ago - 2019
Spirito Santo M.I.Rupnik

Spirito Santo M.I.Rupnik

…Lo Spirito Santo porta l’esperienza delle fede dalla mente al cuoredall’orecchio alle mani

XIX Domenica del Tempo Ordinario

Commento della nostra parrocchiana Simona Segoloni Ruta – Teologa

La seconda lettura di questa domenica (tratta dalla lettera agli Ebrei) ci può aiutare a riprendere quanto la Parola di Dio ci ha detto nelle ultime settimane per permetterci di comprendere come essere credenti cambia concretamente la nostra vita: il modo in cui guardiamo la realtà, i nostri giudizi e i nostri gusti, le scelte e le azioni. Nell’insegnamento di Gesù sulla preghiera abbiamo colto la possibilità di vivere davanti al Padre attendendo il dono dello Spirito che invadendoci può farci vivere da figli, mentre nell’insegnamento sul denaro abbiamo compreso come usare dei beni della terra (ogni tipo di beni) in modo saggio: come strumenti, cioè, per costruire vita condividendo senza sciocche pretese di accumulare, come se questo potesse salvare la nostra vita.

Il brano della lettera agli Ebrei proclamato in questa domenica torna proprio sulla fede e ci porta l’esempio di uomini e donne che hanno vissuto, desiderato, scelto solo sulla base della loro fede e così hanno generato vita, anche se non hanno visto il frutto delle promesse che erano state fatte loro. Non vedevano il frutto, ma sperandolo per la fede e vivendo di conseguenza, è stato come se godessero già di ciò che ancora non c’era. Sarebbe come se una giovane coppia in difficoltà perché senza lavoro, ricevesse la promessa di una occupazione e quindi di uno stipendio e cominciasse allora a regolare scelte e azioni sulla base della nuova condizione, non ancora in atto, ma già operante nelle loro vite, perché capace di cambiarne la prospettiva.

La promessa che ciascuno di noi ha ricevuto, non ancora in atto, ma già operante, è la pienezza della vita: la beatitudine di incontrare Dio e di entrare nel Regno.

Come questa promessa di cui ancora non vediamo i frutti, perché sperimentiamo la sofferenza, il fallimento e il peccato, può cambiare la nostra vita? Come si può vivere agendo come se avessimo già quanto ci è promesso? Prendendo consapevolezza di non attraversare il tempo allo sbaraglio, ma come un popolo in attesa (così la prima lettura) che attende l’aiuto del Signore che nutre in tempo di fame e libera dalla morte (salmo 32).
Il nostro tempo, le nostre giornate non sono un semplice susseguirsi di momenti o di occasioni, sono un’attesa. Hanno dunque una direzione e sono riempite di significato dalla promessa di chi ci ha detto di aspettarlo. Pensate come cambia la nostra prospettiva se siamo alla stazione per salire soli sul solito treno o se stiamo aspettando chi amiamo e che magari non vediamo da molto: se la noia o la fretta caratterizzano il tempo di chi ha molto da fare ma non aspetta nulla, la gioia, il desiderio, la nostalgia, l’impegno invadono le giornate di chi attende qualcuno che ama.
Come si fa, allora, a non stare pronti? Come si fa ad addormentarsi, eccitati dall’imminente arrivo di chi ci dona la vita e se stesso?
Il peggio che potremmo fare è – magari proprio noi che celebriamo tutte le domeniche o abbiamo ricevuto tanti doni e tante responsabilità – dimenticarci chi stiamo aspettando e vivere il tempo e ciò che Dio ci affida come un’occasione per accaparrare e spadroneggiare. Davvero sarebbe un buttare via la vita, che invece va vissuta nell’eccitata attesa di Dio che si fa presente ogni volta che il Regno viene: nell’amore, nella condivisione, nel perdono, nella Parola, nella pace, nella consolazione e nella morte. Questa sigillerà ciò che avremo vissuto e, forse, se avremo atteso davvero non sarà più un dramma che ci strappa alla vita, ma l’ultimo sospiro appagato di chi entra per sempre nel grembo del Dio vivente.
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