XXIII Domenica del Tempo Ordinario

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07 - Set - 2019
Spirito Santo M.I.Rupnik

Spirito Santo M.I.Rupnik

…Lo Spirito Santo porta l’esperienza delle fede dalla mente al cuoredall’orecchio alle mani

XXIII Domenica del Tempo Ordinario

Commento della nostra parrocchiana Simona Segoloni Ruta – Teologa

Una grande parte del Vangelo di Luca è dedicata al viaggio che Gesù intraprende verso Gerusalemme, che così viene raccontato come fosse una lunga parabola della vita cristiana in cammino dietro a Gesù, fino al momento cruciale. All’inizio di quel viaggio (di cui leggevamo diverse domeniche fa) abbiamo incontrato i detti di Gesù sulla sequela, nei quali insegna le esigenze della vita cristiana, cosa richieda e cosa significhi. A distanza di cinque capitoli (e di molte settimane) troviamo di nuovo Gesù impegnato a spiegare quali e quante siano le esigenze della sequela. La prima volta Gesù era solo con i discepoli e prende spunto per insegnare dalla domanda di un tale che si voleva unire al piccolo gruppo, ora prende l’iniziativa guardando quanti lo seguono: una folla numerosa infatti andava con lui. Sembra quasi che Gesù sia perplesso di questo successo: sono troppi quelli che lo seguono. Ha parlato del Regno come di un fuoco che divide, di una porta stretta, di una ricerca degli ultimi posti: come mai tutte queste persone?

Allora torna sulle esigenze della sequela e parla per i tanti, forse per noi, che si dichiarano suoi e gli vanno dietro pensando che questa sia un’impresa di poco conto, uno di quegli interessi o di quelle simpatie che si può coltivare senza cambiare tutto il resto e senza sconvolgere le proprie priorità. Ma qui abbiamo a che fare con una logica di tutt’altro genere: ci viene offerta una sapienza dall’alto (prima lettura), che raddrizza i pensieri e realizza la salvezza di quelli che hanno ragionamenti timidi e incerti, appesantiti dalla propria fragilità e pieni di preoccupazioni. Seguire Gesù non è qualcosa che si può fare continuando a vivere come niente fosse, magari più tranquilli perché l’amore di lui è un pensiero rasserenante, oppure continuando ad arrovellarsi per garantirsi la propria vita a prescindere da lui.
Seguirlo comporta amarlo più di ogni amato e di ogni amata, più di noi stessi. Questo non significa che il Signore vuole che misuriamo l’intensità dell’amore agli altri perché non superi quello che rivolgiamo a lui, ma significa che dobbiamo sentire di non voler amare né vivere se non come lui, desiderando di imparare i suoi sentimenti e i suoi pensieri. Colui che porta la croce è colui per il quale la vita vale la pena di essere vissuta solo se continuamente plasmata dalla logica di Gesù, una logica di amore al punto che si può affrontare persino la morte senza temerla. Portare la croce addosso, vuol dire vivere tutto senza distogliere il cuore e il desiderio da come Gesù ha vissuto tutto.
Questo perché la vita di lui ci appare così bella e desiderabile che tutto quello che viviamo deve entrarci in relazione e venirne trasformato. Un po’ come quando si guarda un paesaggio alla fine di un temporale, quando l’oscurità lascia spazio alla luce moltiplicata dall’acqua ancora appoggiata ovunque. Questa luce che esalta ogni colore e fa brillare tutto è ciò che ci fa amare proprio il luogo in cui siamo, che ai nostri occhi ha appare di tutta un’altra bellezza.
Solo così si può seguire Gesù, sapendo che tutto – compresa la vita e gli affetti – ha valore solo in lui e a partire da lui e proprio in questa consapevolezza consiste la rinuncia del discepolo, che lascia andare ogni altra speranza e ogni altra possibilità di salvezza. Solo Cristo e la sua logica sono ciò per cui vale vivere e da cui la vita riceve senso e bellezza.
Fermatevi a pensare se vi conviene – sembra dirci il Signore -, perché non vi servirà a niente seguirmi senza questo innamoramento per quello che io sono. Finirete per essere ridicoli, gente che fa le cose a metà sprecando risorse solo per farsi ridere dietro, o finirete per rovinarvi, come chi comincia una guerra senza forze adeguate. Solo se io sono l’amore da cui prende senso ogni amore e la vita da cui prende senso la vostra stessa vita, è possibile seguirmi.
Gesù non si sofferma sui guadagni della sequela qui, ma possiamo averne un esempio nella seconda lettura (tratta dalla breve lettera a Filemone): diventando credente Filemone perde la possibilità di possedere uno schiavo e di usarne come meglio crede. Non è costretto a questo, ma la relazione con Cristo gli impedisce di guardare gli altri senza sapere che sono infinitamente amati da Dio e, in più, se uno schiavo diventa credente, non gli è possibile trattarlo con la disumanità che la schiavitù pretendeva. Rinuncia a questa ricchezza (allo schiavo appunto). Ciò che guadagna però è infinitamente di più, perché ha un fratello, uno che aveva perduto e che ora ha ritrovato. Compagnia, consolazione, aiuto, prossimità, amicizia. E, non solo, poiché viene inviato da Paolo è come se avesse vicino anche lui e la sua testimonianza.
Accade sempre così quando è la logica della croce a presiedere la nostra vita: i pensieri incerti e le preoccupazioni lasciano spazio ai pensieri di Cristo e questi ci insegnano a scegliere non le ricchezze che non danno vita, ma le altre, che valgono molto di più. La sapienza che viene dall’alto ci impedisce di sbagliarci anche se abbiamo pensieri timidi e preoccupazioni, perché la croce ci si appoggia addosso ovvero viviamo come Gesù, docili allo Spirito di lui che ci dà il suo stesso cuore, proprio qui e ora.
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