23 - Ott - 2020
XXX Domenica T.O. (A)
(Es 22,20-26 Sal 17 1Ts 1,5-10 Mt 22,34-40)
Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa
Da domenica scorsa il Vangelo di Matteo ci racconta le dispute che Gesù si trova a fare con farisei, sadducei e altri (domenica prossima interromperemo la serie per la solennità dei Santi), ma prima – se ricordiamo – avevamo avuto una serie di parabole che Gesù racconta, usando l’immagine della vigna o del banchetto, per mettere in guardia il suo popolo (ma dobbiamo pensare queste parole rivolte a noi) dal rischio di perdere il dono che veniva loro fatto: dire sì ma non lavorare nella vigna, oppure lavorarci ma come usurpatori che distruggono, oppure ignorare l’invito al banchetto della vita che Dio prepara.
Dopo aver tanto ammonito il suo popolo dal rischio di perdere il dono che viene loro fatto, comincia una serie di tentativi per mettere alla prova Gesù e farlo cadere (il primo domenica scorsa). Questo ci dice che le parabole di Gesù non sono state accolte, anzi, chi le ha ascoltate si è indurito e si è così stancato di sentirsi ammonire in questo modo che vuole zittire Gesù con ogni mezzo. Può succedere anche a noi (come singoli o come chiesa) proprio perché sappiamo che le esigenze del Vangelo sono alte e molto poco rassicuranti, vogliamo che il Signore stia zitto, sappiamo già tutto quello che dobbiamo fare e siamo a posto: casomai i cattivi sono altri.
Nel Vangelo di oggi, però, il trabocchetto del dottore della legge è un dono per noi e per tutti, perché – in mezzo ai tanti dubbi che il mondo ci pone, in mezzo alle difficoltà di una realtà tanto complessa, in mezzo persino alle spaccature ecclesiali su valori e modalità di azione – Gesù stesso ci dice da che cosa dipende tutto, ci dice cosa dobbiamo osservare e seguire se vogliamo vivere secondo Dio.
E ciò da cui dipende tutto è l’amore. Risponde alla domanda su quale sia il più importante dei comandamenti come avrebbe risposto ogni pio israelita: amare Dio con ogni parte di sé, con ogni aspetto della propria vita, cioè passando ogni attimo al suo cospetto e riconoscendo lui come la Bellezza cui tendere e per cui vivere. Gesù però non si accontenta e aggiunge un altro comandamento, che lui dice essere simile al primo. Che comandamento ci può essere anche solo lontanamente paragonabile a quello dell’amore per Dio così totalizzante e pieno? L’amore per il prossimo, cioè per chi ti sta vicino. La citazione è tratta dal Levitico e si riferisce espressamente allo straniero che viene ad abitare nella tua terra, ma si può estendere a tutti coloro che abbiamo di fianco. Gesù dischiude così ai nostri occhi il fondamento stesso della vita cristiana: non si può amare Dio senza amare gli altri, l’amore per lui e l’amore di lui in noi ci spingono verso tutti, ci fanno fermare se hanno bisogno, chinare, soccorrere, condividere.
Non è un’idea, una filantropia, un vago sentire, ma una vita operosa (ne parlavamo domenica scorsa cercando di dire che cosa possa significare dare a Dio quello che è di Dio). La prima lettura ci aiuta ad essere concreti: non molestare lo straniero, non maltrattare quelli che sono in condizione di debolezza, non approfittarti della condizione di bisogno di chi ti chiede per guadagnarci sopra, preoccupati di restituire anche quello che ti spetterebbe tenere se questo permette all’altro di vivere. L’amore si misura sul bene fatto, sui gesti che hanno dato vita, sulle parole che hanno aiutato. L’amore che viviamo si misura sulla vita di chi ci sta di fianco: vive di più o muore accanto a noi?
Credere in Dio e non essere desiderosi ed impegnati ad amare così, equivale ad essere senza Dio. Al contrario (lo vedremo al capitolo 25 del Vangelo di Matteo) chi non crede in Dio ma ama il prossimo, sta servendo Dio stesso e verrà da lui accolto come un amico. D’altra parte (facciamo così un cenno alla seconda lettura) che cosa è che rende credibile il nostro annuncio? Cos’è che fa risuonare la parola senza nemmeno parlarne? La vita vissuta nell’amore dell’altro, vita che sorge dall’amare Dio come unico Signore. Solo chi vede i cristiani amare così, crede che il Vangelo sia vero.
Allora ogni volta che non riusciamo a fare il bene e a far vivere la sorella o il fratello che abbiamo vicino può venirci in aiuto la preghiera del salmista perché possiamo attingere l’amore che ci serve dall’amore per Dio e richiamarlo così al nostro cuore: Ti amo, Signore mia forza, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore, mia rupe in cui trovo riparo, mio scudo, mio potente baluardo. Concedimi la vittoria di amare come ami tu, di compiere gesti di bene, di dire parole che nutrano, dammi la forza di far vivere tutti, sempre, come te.