16 - Nov - 2019
…Lo Spirito Santo porta l’esperienza delle fede dalla mente al cuore, dall’orecchio alle mani…
XXXIII Domenica del Tempo Ordinario
Commento di Simona Segoloni Ruta – Teologa
La storia è piena di minacce, di eventi terribili che hanno segnato la fine di intere civiltà. Nel Vangelo di questa domenica Luca ci guida dentro questi eventi spaventosi per rovesciarne il significato e farli diventare – come leggiamo nel versetto al canto dell’Alleluia – un motivo per rallegrarsi perché la nostra liberazione è vicina.
L’occasione del discorso di Gesù è l’orgoglio di alcuni per la bellezza del tempio, del quale Gesù preannuncia la distruzione. Le meraviglie artistiche, economiche, ingegneristiche che l’uomo costruisce sono destinate a passare: se non è un nemico, sarà la guerra, oppure un terremoto o semplicemente l’abbandono per un qualsiasi motivo. Tutto passa. Questo vale per ogni opera che ci fa inorgoglire, fosse pure un’idea di chiesa che abbiamo ereditato: non è il passato che possiamo guardare per vivere, ma il presente attendendo il futuro. Veniamo istruiti così a guardare la storia in altro modo.
A questo punto Gesù chiama in causa guerre, rivoluzioni, pestilenze, carestie, terremoti, fatti terrificanti, persecuzioni. Molto duramente ci riporta alla realtà di ogni giorno, togliendoci l’illusione di poter confidare in ciò che abbiamo costruito (non resterà pietra su pietra). Nelle società ricche come la nostra possiamo illuderci di essere al sicuro dalla povertà o dalla guerra, per esempio, ma le ingiustizie e le disuguaglianze che sono nel mondo non restano più confinate e bussano alla nostra porta nei volti stremati dei migranti o in quelli folli dei terroristi. Le nostre abilità tecniche poi impallidiscono di fronte alla violenza della natura di cui siamo responsabili: Venezia finisce sott’acqua, i territori cedono sotto la pressione dei cambiamenti climatici. I fatti terrificanti sono sempre esistiti ed esistono anche oggi, come anche esiste la persecuzione di coloro che credono. Questa non va confusa con l’ostilità che spesso i credenti si attirano diventando violenti con gli altri in nome dei propri valori e della difesa della propria tradizione, la persecuzione è piuttosto frutto della reazione che l’ingiustizia mette in atto contro chi la combatte. Se viviamo facendo il bene degli altri e liberandoli da ciò che li fa soffrire e veniamo contrastati, allora si può parlare di persecuzione.
Di fronte a tutto questo però ci viene detto di risollevarci e alzare il capo, perché la nostra liberazione è vicina. Il senso di questa logica ci viene dischiuso dalla prima brevissima lettura del profeta Malachia. I giorni terribili infatti, che poi sono i giorni ordinari della vita nella quale sappiamo bene di essere esposti ad ogni fatica e pericolo, non hanno sempre lo stesso effetto: per chi ha vissuto dedito all’ingiustizia, quindi senza preoccuparsi di fare il bene, le fatiche della vita e della storia saranno come un fuoco che brucia tutto. Che cosa resta in mano a chi ha vissuto per guadagnare quando la ricchezza (o la salute o la sicurezza sociale) viene meno? Per chi invece vive sotto lo sguardo di Dio e servendolo nei fratelli e nelle sorelle, anche i giorni più drammatici sono solo un passaggio, anzi un chiaro segnale che questa vita non è l’unica né l’ultima, ma che ci attende la pienezza della vita in Dio. La morte, come anche le difficoltà della vita o della storia, operano così un giudizio, portando alla luce per che cosa siamo vissuti. Come un fuoco che prova di che materiale è ciò che ci buttiamo dentro.
Come vivere allora, sapendo che questa è la condizione dell’essere umano e che non siamo al riparo dalle conseguenze terribili dell’ingiustizia né dalle fatalità della vita? Consapevoli di essere infinitamente amati e quindi (come ci esorta a fare la seconda lettera ai Tessalonicesi) lavorando per guadagnarci di che vivere, per condividere con altri e per contrastare in ogni modo il male e l’ingiustizia. Vivendo così ogni evento della vita, anche il più faticoso, ci si rivelerà come una venuta del Signore, che non ci lascia soli e che viene a ribaltare le tragedie in liberazione, annunciandoci un futuro di vita. Rallegriamoci allora come ci invita a fare il salmo: battiamo le mani insieme ai fiumi, esultiamo con le montagne, perché il Signore viene a giudicare a la terra, con giustizia e rettitudine. E resterà solo ciò che vale, per portare la vita piena per tutti.